DI FEDERICO ORSINI
 
60 km di adrenalina pura, a 320 km/h, tra case di paese e strade di montagna
È ormai più di un secolo, per essere precisi 108 anni, che una delle corse più emozionanti e pericolose del mondo viene disputata tutti gli anni a ridosso di maggio e giugno. Avrete già capito che stiamo parlando della TT Race (Tourist Trophy), che ha luogo, fin dal 1907, nella piccola Isola di Man, che conta appena 157 km quadrati ma è in grado di regalare agli appassionati 60 km di pista e adrenalina. Ormai è un appuntamento fisso per quelli del mestiere, ma non possiamo dire lo stesso per il passato: la storia di questa corsa, seppur centenaria, è infatti abbastanza travagliata a causa della sua pericolosità. All’inizio i piloti e le case partecipanti erano per lo più inglesi, ma dopo qualche anno la TT comincia a farsi largo in Europa. Per vedere i primi italiani bisogna però aspettare gli anni Venti, con Achille Varzi, e, per la prima vittoria targata Italia, Omobono Tenni, che con la sua Moto Guzzi 250 arriva primo a metà degli anni Trenta. Con il passare degli anni la corsa è diventata un punto di riferimento per i piloti e case costruttrici, tanto che la Tourist Trophy è stata inserita nel Motomondiale fin dalla sua prima edizione, denominata Gran Premio di Gran Bretagna e risalente al 1949, anno in cui (il 13 giugno) ha svolto anche la funzione di gara inaugurale di tutta la storia del Motomondiale. Nel 1976 si è tuttavia deciso di togliere l’Isola di Man dalle tappe del motomondiale, perché considerata troppo pericolosa, e di rimpiazzarla con il circuito di Silverstone, situato in Inghilterra. Chiaramente per gli appassionati è stato un duro colpo ed è per questo che è stata creata la Formula TT, un vero e proprio campionato mondiale suddiviso in categorie basate su cilindrate che vanno dai 1000 delle CBR e BMW (che negli ultimi anni sta dominando la Senior TT) alle 600. Ogni categoria ha un tipo di percorso e una lunghezza del tracciato diversi, ma senza differire troppo dalla versione storica. Con il passare degli anni, soprattutto di recente, questa gara ha raccolto sempre più critiche per la sua pericolosità. Da quando è stato inaugurato il tracciato, del resto, sono state ben 143 le persone che hanno perso la vita. Numeri che autorizzano noi comuni mortali a pensare che i piloti che vi partecipano siano dei pazzi, eppure ogni anno il numero di iscritti sale: viene da chiedersi che senso abbia mettere tanto a rischio la propria vita, sfiorando, a una media di 210 km/h, muretti, marciapiedi, case e precipizi… Il pericolo, infatti, consiste proprio nel fatto che il circuito non è una pista con ai bordi trenta metri di ghiaia ma un percorso cittadino, simile a quello di Montecarlo, che passa dalle strade fra le colline (che regalano immagini mozzafiato), con le moto che saltano a 320 km/h, a quelle nei paesini, con i caschi dei piloti che in curva sfiorano il marciapiede. Che dire? Si tratta della gara più pericolosa del mondo e di quella più affascinante, capace di ipnotizzare gli spettatori. Per capirlo basta andare a vedere i video su YouTube e destinare la propria ammirazione tutti i piloti, non soltanto ai vincitori.