BULLI STOP: Filippo Muzi

Filippo Muzi: “Quando non ho avuto paura di parlare”

 

27 anni, lavora nel ristorante paterno, in centro a Roma. Il passaggio di consegne – racconta – è prossimo. Il papà sta sempre più a latere, per far sì che il figlio diventi a tutti gli effetti il gestore dell’attività di famiglia.

 

di Maria Cristina Del Cuore

 

Filippo ti piace il tuo lavoro?

Assolutamente sì, mi permette di stare a contatto con molte persone. Avere un ristorante “storico” in centro fa sì che incontri ogni giorno molte persone, assolutamente diverse tra loro per età e background. Ci sono gli habitué e le persone di passaggio, italiani e stranieri, giovani e non.

Hai sempre frequentato il centro di Roma?

Sì, sia per l’attività paterna che per aver frequentato le scuole in zona. Già a 11-12 anni mi davo appuntamento con gli amici a Piazza della Chiesa Nuova, in zona corso Vittorio Emanuele. Le superiori le ho iniziate in centro, poi ho cambiato sia scuola che indirizzo di studi.

Cambiando scuola hai conosciuto la professoressa Giovanna Pini e il progetto Bulli Stop?

Mi è sempre piaciuto fare teatro e appena arrivato nella nuova scuola ho aderito immediatamente al progetto teatrale della professoressa Pini per Bulli Stop.

Durante i due anni in cui ho partecipato agli spettacoli teatrali per il Centro Nazionale contro il Bullismo ho visto persone timidissime salire sul palco e tirare fuori una gran voce. Io stesso, che non sono per niente intonato, ho cantato davanti ad un pubblico di millecinquecento persone! Questo è il miracolo di Giovanna (Pini, n.d.r.), portare le persone ad esprimere sé stesse; anche quelle che hanno sempre avuto paura di parlare.

Abbiamo trascorso pomeriggi interi a provare lo spettacolo e non mi è mai pesato. Il lavoro della professoressa è molto importante per i ragazzi, perché li porta a misurarsi con qualcosa di diverso e soprattutto con loro stessi. A dieci anni dalla mia maturità, dalla fine del liceo, quindi, ho ancora sul mio scooter l’adesivo di Bulli Stop! È impossibile non farsi toccare da questa esperienza.

Quindi per te è stata importante.

Moltissimo. Talmente importante che l’anno dopo la maturità ho dato comunque una mano ad organizzare lo spettacolo. Giovanna (la professoressa Pini, n.d.r.) è stata, ed è per me, una persona molto importante. Durante gli anni scolastici, quando avevo un problema, salivo nel suo ufficio e stavamo lì a parlare a lungo. È stato molto terapeutico.

Sei mai stato bullizzato?

Sì, purtroppo. Come ho detto prima, quando avevo circa 12 ,13 anni, ci davamo appuntamento con gli amici a Piazza della Chiesa Nuova. Lì si incontrava anche un gruppetto di ragazzini di Trastevere, che, seppur coetanei, erano decisamente più “vissuti” e smaliziati di noi. Il centro storico è un po’ la terra di nessuno, se mi passi la “licenza poetica”. Ci sono tante realtà diverse. Insomma, venivano da Trastevere, in una zona tranquilla, dove noi ci trovavamo e cercavano il “conflitto”. A volte ho preso anche le botte. Per un anno intero ho avuto paura ad uscire da solo perché sapevo che sarebbe potuto nascere qualche diverbio, chiamiamolo così.

Come hai fatto a uscire da questa situazione?

L’ho detto ai miei genitori che mi hanno molto sostenuto, e mi hanno anche svelato qualche piccolo escamotage per cercare di risolvere il problema. Alla fine sono anche diventato amico con qualcuno di quei ragazzi.

La cosa importante che vorrei consigliare ai ragazzi che si trovano in queste situazioni è di non aver mai paura di parlare; e di parlarne. Mai.

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