L’ EDITORIALE DI GIUSEPPE POLLICELLI: “Il fumetto e i suoi molti debitori”

Da una ventina d’anni a questa parte, e in misura sempre crescente, i fumetti sono tra i maggiori fornitori di contenuti per il cinema, basti pensare alle decine di blockbuster americani sui supereroi. Ma anche letteratura e tv devono molto ai comics.

 

“IL FUMETTO E I SUOI MOLTI DEBITORI”

di Giuseppe Pollicelli

Non posso negare che leggendo l’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti, il recente Anna, mi abbia colto un certo stupore. La trama è infatti incredibilmente simile a quella de L’ultima gioventù (in originale El último recreo), uno dei capolavori fumettistici di Carlos Trillo, il grande sceneggiatore argentino scomparso prematuramente nel 2011. Talmente tanto simile da rendere legittima l’ipotesi che Ammaniti possa avere avuto presente il fumetto di Trillo (realizzato nel 1982 per i disegni di Horacio Altuna e portato in Italia l’anno successivo dalla rivista “L’Eternauta”) quando ha elaborato lo spunto che è alla base del suo racconto. Anna è ambientato in una desolata Sicilia del futuro prossimo (precisamente il 2020) nella quale, dopo il diffondersi di un’atroce e misteriosa epidemia che uccide solo gli individui adulti, i bambini si aggirano in uno scenario di rovine e di degrado, in attesa di diventare grandi a loro volta e, quindi, di morire. Sostanzialmente non c’è differenza alcuna con il plot de L’ultima gioventù (da noi conosciuta anche come Dopo il grande splendore, che è anzi il primo titolo con cui l’opera è apparsa nel nostro Paese), in cui una sostanza sprigionata da alcune micidiali bombe elimina esclusivamente le persone adulte lasciando in vita i giovanissimi. È vero che sia il romanzo di Ammaniti sia il fumetto di Trillo devono qualcosa a Il signore delle mosche di William Golding, celebre novella scritta nel 1952 da cui sono stati tratti due film, tuttavia il rapporto fra Anna e L’ultima gioventù appare molto ma molto più stretto, rasentando senza dubbio il plagio (per quanto magari involontario).

Quello di cui ho appena parlato non è peraltro l’unico caso di questo genere in cui mi sia imbattuto negli ultimi tempi. Ce n’è un secondo che appare non meno clamoroso e riguarda la serie televisiva americana Deadbeat, le cui prime due stagioni – su tre realizzate – sono state trasmesse in Italia dal canale Premium Joi. Confesso di non avere visto neppure una puntata di questa commedia nera con venature soprannaturali ideata da Cody Heller e Brett Konner, la cui prima messa in onda negli Usa risale al 2014, ma nel leggerne l’intreccio sono rimasto letteralmente basito. Trascrivo da un articolo di Aldo Grasso uscito qualche mese fa sul “Corriere della Sera”: «Kevin Pacalioglu, detto Pac, è il classico loser, un perdente che ha sprecato i suoi anni migliori senza combinare nulla, e che si ritrova ormai adulto senza lavoro e con un solo amico, Roofie, per giunta spacciatore. Un caso che sarebbe disperato se non fosse per un’abilità particolare: Pac infatti riesce a comunicare con i fantasmi e a diventarne il tramite per risolvere le questioni che hanno lasciato in sospeso prima di morire. In modo sempre svogliato e riluttante, la sua missione diventa così aiutare i fantasmi e “liberarli” delle loro ultime incombenze e desideri». Vi suona già sentito? Certo che sì: è la perfetta descrizione di Valter Buio, l’eccellente miniserie di Alessandro Bilotta che la Star Comics ha mandato in edicola e in fumetteria tra il 2010 e il 2011, per complessivi dodici numeri dal formato bonelliano. Ho fatto presente la cosa, davvero sbalorditiva, a Bilotta, e lui mi ha risposto così: «Se fosse un progetto italiano sarei quasi convinto della malafede, ma essendo americano mi sembra una coincidenza macabra…». Effettivamente, non essendo Valter Buio mai uscito dai confini italiani, è assai meno agevole, in questa circostanza, ipotizzare un’influenza diretta, però le somiglianze sono così marcate da far apparire il tutto – in linea con le tematiche di Valter Buio e di Deadbeat – quasi soprannaturale.

Ad ogni modo, coincidenze o no, entrambe le vicende dimostrano come il fumetto sia un medium attraverso il quale passa una quantità esorbitante di ottime idee che, spesso, vengono sfruttate in ambito fumettistico meglio di quanto accada in altri contesti. Il numero sempre crescente di film basati sui fumetti – si tratti di serie o di graphic novel – è la prova più lampante di questo dato di fatto indiscutibile.

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