RITRATTO DI DONNA: “Concita Borrelli”

“Donne, prendetevela con le donne”

 

Di Enrico Barracco

 

Concita Borrelli, scrittrice, giornalista, conduttrice tv e poi mille altre cose. Per esempio? Per esempio Concita è avvocato, ha esercitato tra Avellino e Napoli finché… “Finché mi sono stufata; non la ‘sentivo’ come la mia strada, non era cosa…”.

Già, non è cosa. Come l’incipit della nostra rubrica: le leggo la citazione di Rita Levi Montalcini e poi… Poi silenzio; dieci secondi, forse venti. Dopodiché sorride; ma è un sorriso di biasimo, e me lo spiega: “Ragazzi, non raccontiamoci palle! Non raccontiamole a noi e nemmeno ai giovani (i quali, statene certi, non ci cascano): presentarsi in un certo modo aiuta, inutile negarlo. La Levi Montalcini è stata una donna intelligente; un’intelligenza particolare, rara. Ve ne sono e ve ne saranno molte come lei. Poi però ci sono gli altri; le altre. Essere di bell’aspetto aiuta; insomma se non sei brutta sei un passo avanti. Non dieci, ma uno sì.

Capito cosa intendo? Noi donne, ahimè, paghiamo ancora questo gap rispetto ai maschietti. Il ‘gioco’ è sempre quello: sei brava, sei preparata, sei sveglia, hai tante idee. In più sei carina. Ergo, benvenuta”.

Benvenuta, d’accordo. Ma così si gettano nel cassonetto anni e anni di battaglie ingaggiate da voi; voi donne. La mercificazione del corpo, gli ammiccamenti, prima le cosce e poi il cervello, come succede con le “veline” le “letterine” e via dimenando… Gli Anni 70 sono lontani, le barricate sono state dismesse, non ci piove. Lontani e anche accantonati? Insomma prima apparire e poi, molto dopo, tutto il resto?

“Non ho detto questo; tuttavia non bisogna esagerare con il ‘politically correct’ o con il ‘bacchettonismo’ a senso unico. La bella presenza aiuta, e non c’è nulla di male. Lasciamo stare le “lotte” del secolo scorso. Il problema – e qui mi rivolgo agli attacchi veterofemministi stile Michela Murgia – è che si sbaglia il bersaglio: il bersaglio non sono gli uomini, non sono i maschi guardoni che ci vogliono nude e disponibili. Prendiamocela con noi. Donne, prendetevela con le donne. Siamo noi a mostrare tette e culi. Eccoti una provocazione, cerca di maneggiarla con le giuste ‘pinze’: se le donne smettessero di darla in tante occasioni, in tanti frangenti…”

 

Ahimè, ci vogliono delle pinze molto buone. Una dichiarazione così, letta fuori contesto, potrebbe provocare sommovimenti, mal di pancia e – forse – rimettere in piedi le barricate del tempo che fu. Basta però tornare al contesto: sto parlando con Concita Borrelli, scrittrice, giornalista, conduttrice Tv eccetera eccetera. Insomma la casalinga di Voghera è a mille miglia da qui (con tutto il rispetto per le vogheresi, qualunque professione esercitino).

Torniamo a noi, a te: quando hai varcato la soglia di viale Mazzini? Quanti anni avevi e com’è stato il primo impatto?

“Avevo 35 anni, si era nel 2001. Le redazioni erano tutte al maschile; qualcosa è cambiato, ma non troppo. C’è comunque da dire che in Rai il livello di professionalità è molto alto, non si scappa. E la ruota gira, non si creda che una volta entrati si resta chiusi nella ‘botte’; la botte di ferro: oggi sei autore, domani puoi tornare a far fotocopie…. E qui, signori (e signore) il cervello ha il suo peso”.

 

Concita è autore di UnoMattina in Famiglia, consulente di Porta a Porta (“Vespa? Veloce, colto, impareggiabile – mi dice –. Molti conduttori hanno il copione, le domande preconfezionate. Lui no, va a braccio. Un giornalista di razza, un animale televisivo come ce ne sono pochi”), collabora con il Messaggero, con Quotidiano Nazionale e altri periodici. È sposata con il principe Fulco Ruffo di Calabria, discendente di una delle famiglie più antiche e blasonate d’Europa.

Posso chiamarti principessa?

“No, viviamo in una repubblica. Qualcuno in certe occasioni, in qualche contesto lo fa. Succede, ma non ci tengo particolarmente…”.

Con Fulco hai scritto anche un libro; titolo: “Ricordo quasi tutto”. Poi c’è il tuo romanzo “Interno 11” del 2019; poi altri testi a quattro mani, poi… Cosa vuol fare Concita da grande?

“Mi piacerebbe scrivere il romanzo della mia vita e vincere anche un premio; sarà un sogno infantile, ma così è. Mi piacerebbe poi raccontare le donne senza infingimenti. E parlare chiaro; per esempio la legge 194: non si tocca, ma dovrebbe essere applicata in ogni sua parte. L’aborto è una ferita che non si rimargina; i consultori devo funzionare, devono aprire, devono rispondere. Le donne sono libere di abortire ma non lo fanno, non lo faranno mai sorridendo. Ancora: inorridisco all’idea dell’utero in affitto, ecco lì davvero si può parlare di “donna oggetto’…”.

La nostra chiacchierata finisce qui, so che non ho spazio sufficiente per riportare tutto quel che ci siamo detti: i sogni di Concita, le sue stilettate fuori dalle righe (e fuori dal coro), le sue battaglie con la malattia, le sue idee mai prese in prestito…

Come chiudo la pagina? La chiude lei: “Donne, sognate, fate pure le veline ma leggete Proust e Tolstòj. O, quanto meno, i quotidiani”.

 

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