PROTAGONISTI: Massimo Fabbricini

Massimo Fabbricini: dentro lo sport, dentro la notizia

 

Quando lo sport è una mania. Quello da praticare e quello da… raccontare. Massimo Fabbricini “mastica” sport e giornalismo fin dalla nascita. Forse perché, come lui dice, è nato alle 13, giusto in tempo per il giornale radio. Oggi presiede il Canottieri Aniene; oggi –come sempre – sportivamente “sul pezzo”.

 

Ci vediamo al Circolo. Già, ma quale Circolo? Che domande: quello con la C maiuscola, quello storico, quello dove tutti passano e tutti sono passati. Quello che è “salotto buono”. Sì, buono ma mai – a dispetto dei luoghi comuni – “borioso”. Un salotto che non ti guarda dall’alto in basso; un salotto che in un attimo diventa erba, terra rossa o corsie liquide attraversate da cloro e sudore.

Dal salotto alla sfida. Poi le medaglie; quelle olimpiche e non solo. Insomma avete capito: il Circolo si chiama Canottieri Aniene. Quello nato a fine 800 e che, nel 1958, si spostò nella sede attuale dell’Acqua Acetosa. “Un trasferimento che non piacque a tutti – racconta Fabbricini –: molti soci protestarono all’idea di doversi trasferire in… aperta campagna…!”.

Sì, il ’58 è assai lontano, Roma era un po’ meno grande e la campagna era dietro l’angolo. Fabbricini però nel ’58 non era ancora all’Aniene. Oggi invece ne è il presidente, raccogliendo l’eredità di Giovanni Malagò (che ha ricoperto questo ruolo dal ’97 al 2017, come dire un intero capitolo di storia contemporanea).

Vent’anni di reggenza Malagò. Dal 2017 è toccato a lei. Un’eredità a dir poco “pesante”, visto che per molti Giovannone e l’Aniene sono due entità inscindibili. È stato difficile?

“Assolutamente no. Giovanni, intanto, è un amico. In secondo luogo quello che conta è l’identità del Circolo; la sua storia, il suo modo di fare sport. Sport e cultura per Roma e non solo. Tornando a Malagò: da lui ho ereditato una squadra formidabile, dove si lavora d’amore e d’accordo; si lavora e si “produce”. Si produce passione”.

Torniamo a Fabbricini: torniamo a lei. Può aprirci il “suo” libro di storia? Eccole l’incipit: classe 1943, Roma…

“Già, sono del ’43. C’era bisogno di gridarlo ai quattro venti (ride, NdR)? Nato giornalista fin dal primo vagito: nato alle ore 13; insomma “andato in onda” assieme al giornale radio. Giornalista sportivo, ovviamente. Ho praticato il “mestieraccio” per anni, al Corsera e non solo. Ho girato il mondo per seguire e raccontare le Olimpiadi (dieci edizioni…!) e gli altri eventi di rilievo. Quasi mai a casa: c’è stato un anno nel quale la mia trasferta è durata 245 giorni, per la gioia (leggasi: disperazione) della mia famiglia. Ma tant’è: lo sport per me era – è – una passione a dir poco maniacale”.

Smettendo i panni da giornalista anche lei sarà sceso in campo. Anche lei a tu per tu con lo sport in veste di atleta. Quali discipline?

“Sono stato un decente giocatore di volley e di basket. Nel calcio, invece, sono sempre stato una discreta… schiappa; la dico meglio: un pippone infernale. Mai tirarsi indietro, però: è questa la vera essenza dello sport; la versa sfida, oggi come ieri, sta nello sfidare noi stessi”.

C’è chi vede il Canottieri Aniene come un circolo elitario, chiuso, un “vippaio” dove i comuni mortali non hanno accesso. I soci – ieri e oggi – hanno cognomi più che altisonanti, dallo sport allo spettacolo, dalla cultura all’imprenditoria alla politica. Un particolare, questo, che alimenta il luogo comune. Può aiutarci a… smontarlo?

“Non c’è niente da smontare: l’Aniene lavora e si impegna da anni per crescere e far crescere generazioni di uomini e donne nell’ambito dei valori sportivi. Scuola di sport e scuola di vita per chiunque voglia diventare un cittadino – cittadino del mondo – con gli occhi aperti. Sport, cultura e impegno sociale. Per questo – anche per questo – il nostro libro soci ospita uomini e donne della cultura, dello spettacolo, della politica dell’imprenditoria “importante”: volenti o nolenti il Paese cresce, matura, migliora (ed è migliorato) anche grazie al cinema, allo spettacolo, alle imprese virtuose, alla politica avveduta. Ma le porte del Circolo sono sempre aperte per chiunque e non potrebbe essere altrimenti. Capito cosa voglio dire”?

Capito; ma lo dica lei

“Il “salotto buono” non si nutre di sé stesso: salotto, circolo o campo di gioco devono necessariamente comunicare, interfacciarsi con la società, con il presente, con le generazioni che si accavallano. Insomma con la vita reale della città, del Paese. La politica e la cultura sono “servizi” a beneficio di noi tutti. Se restano sole, se restano chiuse nel “salotto” non ci sarebbe niente, assolutamente niente di buono…!”.

 

Ci voleva una voce autorevole per replicare a quei pochi (non sono tanti per fortuna) che insistono e persistono a diffondere luoghi comuni. I maestri del “fake”, quelli che salgono, più che in cattedra, in… tastiera.

Il Circolo fa bene alla città, allo sport e non solo. L’Aniene – assieme a tutti gli altri circoli “storici” della Capitale – si prende cura dei nostri fiumi. Diciamola tutta: salire su un galleggiante o farsi una passeggiata non a piedi ma “a remi”, è il modo migliore per scoprire – riscoprire – la città da una prospettiva inedita; la città vista dal fiume è imprevedibile, inaspettatamente silenziosa, selvaggia quanto basta, rassicurante quando serve. Comunque meravigliosa.

 

Sport e fatica. Poi lo spogliatoio: via i calzoncini, si torna alla cravatta, si torna in ufficio; e di nuovo alla fatica. Quanto è gravoso fare il presidente del Canottieri Aniene? Qual è la “formula” per tenere insieme una realtà fatta di giovani e meno giovani, tradizione e progresso, sport e cultura…?

“Un ruolo difficile e facile allo stesso tempo. Impegno duro che porta via tanto tempo. Fortunatamente di tempo ora ne ho, perché non lavoro con gli stessi ritmi frenetici di una volta. L’Aniene è circolo ma è anche impresa. Un esempio su tutti: l’Aquaniene, una scommessa, una sfida che oggi possiamo dire portata a termine nel migliore dei modi. Un impegno economico non indifferente – milioni di euro – per farlo diventare un asse produttivo e mantenerlo tale. Ma, ripeto, la “squadra” con cui lavoro è ben oliata, entusiasta, generosa. Una squadra numerosissima: tra dipendenti e collaboratori siamo duecento. Duecento storie diverse, duecento nomi di uomini e donne che danno il massimo per farci crescere e per far crescere lo sport, la cultura, l’impegno sociale. Vengo alla “formula”: il mio mantra suona più o meno così: “Piacere senza compiacere” Ovvero considerare le regole non come una limitazione della libertà, ma come un supporto per crescere felici tutti insieme”.

 

Massimo Fabbricini dentro lo sport e dentro la notizia. Giornalista di razza (è stato anche responsabile comunicazione del Coni) e uomo di rara schiettezza.

Come chiudere l’intervista? Ci pensa lui, con queste parole: “Le scuole di sport sono scuole di vita. È così, sarà sempre così. Succede spesso anche a noi: li prendiamo bambini e li facciamo diventare campioni…!”.

Matteo Berrettini e Federica Pellegrini – tanto per dirne due – sono cresciuti all’Aniene. Altri nomi? Ce ne sono a bizzeffe, ma ci fermiamo qui: lasciamo parlare lo sport, l’unico vero Vip di questa storia.

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