PROTAGONISTI: Max Rendina

Max Rendina: dalla periferia al centro del… podio

Più che il centro, la cima; ovvero la posizione più elevata: campione del mondo Rally nel 2014, medaglia di bronzo nel 2015, campione italiano, Volante d’Argento e molti altri trofei in punta di… volante. Poi l’idea del Rally di Roma Capitale e tanto altro. Una storia, quella di Max, che inizia con un’infanzia dipanata tra il collegio e i palazzoni di Acilia. Ad un tratto è fuggito; di corsa. E non si è più fermato.

Massimiliano “Max” Rendina, nato a Roma nel 1974. Avrà compiuto quarantotto anni da poche settimane quando leggerete queste pagine. Tanti o pochi? Quarantotto è un bel numero; quarantotto è (era) la cilindrata dei “cinquantini” (i motorini dei quattordicenni) negli Anni 60 e 70. Quarantotto, poi, è il tumulto, la sfida, la battaglia per antonomasia per sottrarsi alle angherie di un sovrano, di uno stato nemico, di chiunque voglia piegarci ai suoi capricci. “Abbiamo fatto un quarantotto…”.

Abbiamo? No, l’ha fatto Max.

Ora sono di fronte a lui, armato di domande. Prima di prepararle, le domande, ho cercato qua e là notizie che lo riguardano, come si fa da bravi giornalisti. Ho cercato di non cadere nella tentazione del “copia/incolla”: in Rete si trovano decine di interviste e di articoli a proposito di Max. Gli anni del collegio, poi l’infanzia in borgata, il primo figlio a 18 anni…

Non so se voglia parlare di tutto questo anche con me. Si tratta di ferite forse non del tutto rimarginate. In più, volendo approfondire, si può leggere il suo libro (“Una vita al Max”).

Quindi? Quindi, un po’ intimidito, lascio a lui l’iniziativa.

Una domanda però la “calo”: leggo che sei laureato in Scienze Bancarie e Assicurative. Cosa volevi fare “da grande”? Broker? Commercialista? Poi chi (o cosa) ti ha convinto a… sterzare?

“No, no, tutto sbagliato (ride, ndr): la passione per il volante è precedente agli studi universitari. Il Rally mi ha “salvato” da una gioventù a dir poco burrascosa, aiutandomi a rimettermi in carreggiata. Durante la mia carriera di pilota ad un certo punto ho avuto un’intuizione che mi ha portato ad analizzare le potenzialità di impresa che questo sport offre. Per approcciarmi a questa nuova avventura con la giusta professionalità, mi son messo a studiare”.

Ho fatto una figuraccia, tipica per quei pennivendoli che si dedicano al “copia/incolla”. Max correva; andava già fortissimo e dopo, solo dopo (durante, a voler essere precisi), si è piegato sui libri. Lo sport e l’impresa, proprio così: quest’ultima si chiama Motorsport Italia; che significa, tra l’altro, il Rally di Roma Capitale di cui Max è in qualche modo il “padre”.

Cerco di farmi perdonare con la seconda domanda, forse più banale della precedente: correre in pista o correre sulla terra, dove le curve non ti “avvertono” e gli ostacoli si palesano all’ultimo istante… Mai pensato all’asfalto? O non è pane per i tuoi denti?

“Se per asfalto intendi la pista… Beh, ho sempre preferito il Rally su strada o su terra perché sono proprio gli imprevisti e le difficoltà quelli che mi danno la carica. Del Rally apprezzo poi il carattere di regolarità e programmazione, essenziali per chi voglia correre da professionista. I miei giorni sono strutturati seguendo rigide regole dettate dalle distanze. La mia vita, insomma, dentro o fuori dall’abitacolo, è un Rally…!”.

Quando hai cominciato a sognare questo mondo? Il casco, il suono dei motori “arrabbiati”, l’odore di olio e di gomme bruciacchiati…? E una volta “partito”, chi ti ha sostenuto e chi, invece, ha cercato di dissuaderti?

“La mia carriera di pilota l’ho iniziata a 23 anni. Ero un giovane papà appassionato di motori. Fu allora che conobbi un equipaggio locale (il cu navigatore poi diventerà il mio secondo suocero) il quale mi trasmise ulteriore entusiasmo, ulteriore carica”.

Secondo suocero? Sento spuntare tra i miei capelli un grande punto interrogativo, poi mi ricordo di aver letto, durante il mio meschino copia/incolla, che Max ha avuto figli da diverse donne, si è sposato e risposato; amori burrascosi, adrenalinici quanto basta. Ma non son sicuro (l’ho già detto) che voglia soffermarsi troppo su tutto ciò.

“Da lì in poi – prosegue – successi, sconfitte, e altri tre figli con altrettante compagne. L’adrenalina è fondamentale per ogni aspetto della mia vita, non solo quella professionale…! Ho fatto tesoro anche delle critiche, dalle quali ho tratto ulteriori stimoli per andare avanti. Con il Rally di Roma Capitale, poi, ho dato un bello smacco a chi mi diceva che un Rally all’ombra del Colosseo era irrealizzabile, roba da fantascienza. Quest’anno la competizione compie dieci anni ed io sono orgoglioso di esserne l’ideatore con il grande contributo da parte di ACI Sport. Un appuntamento, quello romano, che vede la partecipazione dei più importanti piloti del mondo”.

Campione del mondo e campione italiano; poi tanti altri trofei e soddisfazioni. Questo è il Max “pubblico”, quello acclamato dai tifosi e dagli appassionati di automobilismo. Poi c’è il Max privato, quello che – forse – ha le sue giornate “no”, i suoi momenti di difficoltà e sconforto. Puoi raccontare qualcosa in proposito?

“Un attimo, fammi terminare: voglio aggiungere che il Rally di Roma è stato dichiarato “miglior evento del Campionato Europeo”. Vengo alla domanda: il motorsport è accessibile a chi gode di una certa disponibilità economica; rischi e costi sono alti e imprevedibili. Le mie due anime – pilota e imprenditore – mi portano a dovermi impegnare su più fronti, con una buona dose di stress. Le tante responsabilità per gestire un’impresa non sono una passeggiata, non è sempre facile. Ho avuto la tentazione, talvolta, di dedicarmi solo ad una delle due attività; poi ho capito che questa “convivenza” rappresenta per me il giusto equilibrio per andare avanti.

Nel 2000 sono stato coinvolto in un gravissimo incidente, riportando lesioni che temevo permanenti. Ma ho avuto la fortuna di incontrare il professor Brozzi che mi ha aiutato a trovare la giusta forza di volontà per… rimettermi in macchina”.

Il Rally si presta bene come metafora della vita: non basta guidare bene ed essere veloci. Bisogna sapersi guardare attorno, gestire gli imprevisti, cambiare percorso all’improvviso; bisogna anche saper rallentare e frenare, perché correre e basta non sempre ti fa vincere. Quando hai vent’anni ti senti infallibile e immortale, niente freni, niente soste… Che consiglio vuoi dare ai ragazzi e le ragazze di oggi? Se tornassi indietro rifaresti tutto ciò che hai fatto?

Rifarei tutto, come no. Il Rally insegna a rialzarsi, a migliorarsi. È una delle poche attività per la quale non serve essere “figlio di”. Bastano tenacia, forza di volontà e, perché no, un po’ di talento. Non conta la scarpa che indossi, quante gomme puoi cambiare, quanto sei “trendy”. Unici must: puntualità, attenzione ai dettagli e agli obiettivi. Questo il mio consiglio ai ragazzi; dopo il consiglio, l’invito: venite al Rally di Roma dal 22 al 24 luglio…!”.

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