ARTE E CULTURA: “Edward Spitz”

“QUANDO IL FUMETTO DIVENTA ARTE”

LE STRISCE DI TOPOLINO E PAPERINO POSSONO DIVENTARE OPERE D’ARTE?
LA RISPOSTA È SÌ, VISTO CHE LE TELE DI EDWARD SPITZ USANO RITAGLI DI VECCHI FUMETTI PER CREARE QUALCOSA DI NUOVO ED AUTENTICO. OPERE CHE COMUNICANO CON IL PUBBLICO SFRUTTANDO IL LINGUAGGIO FIGURATIVO PIÙ CONOSCIUTO IN ASSOLUTO; QUELLO, APPUNTO, DEI “COMICS”.

Chi si cela dietro questa incredibile passione e questo certosino lavoro di ritaglio, lettura e attenta selezione di “strips”? Chi è Edward Spitz? Difficile rispondere: nessuno conosce la sua vera identità, lui preferisce che a parlare siano le sue opere. Noi, però, abbiamo avuto il privilegio di intervistarlo per scoprire qualcosa di più su questo Banksy italiano. Come nasce la passione per i fumetti che sono poi diventati l’oggetto delle sue opere d’arte?

Sono sempre stato un amante dei fumetti; accanito lettore da piccolo, appassionato collezionista poi. Direi quasi che, ad un certo punto della mia vita, mi sentissi esattamente come un personaggio dei fumetti. Quando mi sono accorto che la mia collezione era divenuta decisamente troppo grande… Beh, lì ho deciso di dare ai miei fumetti una “second life”; second life a “loro” e anche a me. Credo che tutti abbiano bisogno di prendere in mano un fumetto, a qualsiasi età, e perdersi in quegli scenari, in quei personaggi e in tutte le loro avventure. Non a caso Umberto Eco aveva elevato il fumetto a pura arte, non separandosi mai dal suo amato Dylan Dog… Questa è la realtà: la fumettistica è una grande espressione artistica, fatta di talento, passione ed immaginazione. E non va dimenticata. Icone popolari del passato come veicolo per comunicare ed emozionare… qual è il messaggio che vuole far arrivare al pubblico? Personalizzo ogni opera con la rappresentazione di un personaggio sempre diverso mutuato dalla cultura popolare di massa o dall’universo fumettistico. Sono personaggi di cui tutti, al di là di status o età̀, hanno memoria visiva, perciò̀ dei buoni “veicoli” per le mie rappresentazioni satiriche della società̀ corrente.

La sua soddisfazione/conquista più grande fino ad ora?

Ho debuttato con la mia prima mostra nel 2017, a Tel Aviv, ed il successo è stato immediato. Di lì, una serie di

eventi fortuiti mi ha portato in breve tempo ad entrare nelle case di numerosi collezionisti di tutto il mondo. Questa credo sia stata una delle mie soddisfazioni più grandi. Perché la scelta dell’anonimato?

Non ho mai voluto rivelare la mia identità̀ perché preferivo relegare me stesso in una dimensione fuori dal tempo, come fossi anch’io un personaggio che popola il mondo della fantasia. Specialmente in un’epoca in cui regna l’ossessione dell’immagine, la scelta dell’anonimato mi sembrava l’unica via. A che età è iniziata la sua passione per l’arte e quando ha capito che poteva diventare totalizzante a tal punto da renderla un artista e trasformarla in un lavoro?

Non ho mai pensato alle mie opere in termini di lavoro. L’arte per me è un mezzo di comunicazione, il bisogno di esprimermi mi ha portato a realizzare le mie opere…Che poi si sia trasformato in un lavoro, beh, questa è stata una fortuita conseguenza!

Da quali spunti parte per la realizzazione di un’opera?
Non esiste uno schema fisso….
In che modo realizza le sue opere? Dopo aver riletto il fumetto scelto per la realizzazione dell’opera, ne scelgo le storie migliori e le utilizzo per rivestire la tela. Su questa sovrappongo i miei personaggi, “icone” dipinte a mano e poi “sigillate” da uno spesso strato di resina.

In che modo si può̀ comunicare con un’artista che vuole mantenere l’anonimato?
Semplice: scrivete a Topolino e prendete un appuntamento!
A livello di mercato… si occupa direttamente lei delle vendite? Delle esposizioni ed organizzazioni di eventuali mostre?

Aver scelto l’anonimato spesso complica le cose; non mi occupo direttamente delle vendite, un curatore insieme ad un team si occupa del rapporto con i clienti. Per le mostre invece sono io che mi occupo direttamente dell’organizzazione e degli allestimenti.

I suoi obiettivi e sogni per il futuro?

L’arte realizza sogni impossibili e ci insegna a credere nel futuro. Il mio sogno è quello di poter continuare a cercare e trovare sempre nuovi input per alimentare la mia creatività̀. Il mio obiettivo è quello di sbarcare oltreoceano.

Pensa mai di rimettere in discussione le sue scelte relative all’anonimato o all’uso stesso dei fumetti per cambiare un giorno?
Mai dire mai. Oggi la mia scelta è stata questa ma se un domani sentirò̀ la necessità di rivelare la mia identità̀, lo farò. Per quanto riguarda i fumetti, mi piace essere identificato come l’‘’artista dei fumetti’’. Anche perché per il momento la mia indagine artistica procede su questi binari ma, quel che sarà̀ domani, non lo so…

Dove sognerebbe di vedere una sua opera un giorno?

Negli Stati Uniti la Pop Art si sviluppa a partire dagli anni Sessanta e trova il suo centro artistico a New York. Perciò direi proprio che, fra tutte, mi piacerebbe soprattutto vedere le mie opere esposte in una galleria a New York.

Cos’è per lei l’arte? Cosa da l’arte alla sua vita? E se ha un consiglio per i nostri lettori, una lezione di vita che durante la sua carriera sente di aver imparato, quale sarebbe?
Per me l’arte è un linguaggio universale, una forma di comunicazione che consente di mandare un messaggio a chi la osserva, permettendogli di dialogare con l’oggetto ma soprattutto con sé stessi, con l’io interiore. A chi legge suggerisco tanta pazienza, perseveranza e fiducia nelle proprie potenzialità. Ma, soprattutto, non temere di fallire. Le cose

migliori sono nate dagli errori: guardate la penicillina, il forno a microonde, le patatine fritte…
È stato difficile inserirsi nel mondo dell’arte di oggi? Personalmente la cosa più difficile è stata decidere di mettere la mia arte a disposizione del pubblico. Realizzavo opere per me stesso e non avevo la minima intenzione di venderle.

Un consiglio per chi, come lei, vuole fare della propria passione un lavoro e diventare arista al giorno d’oggi?
Passiamo la nostra vita a cercare consensi, a cercare di piacere agli altri. Bisogna, prima di tutto, credere in sé stessi. Questo è il primo passo per il successo, perché se si crede in sé stessi non si vive dell’approvazione altrui e si procede anche a correnti avverse.

Le piacerebbe collaborare con…?

Banksy! È l’artista e il writer vivente più interessante al mondo. Con le sue opere sfacciate e provocatorie, Banksy ha saputo diffondere messaggi di denuncia sociale in chiave satirica. Se dovessi scegliere una collaborazione… non avrei dubbi.

Come saranno l’arte e il collezionismo post Covid? Nascerà un nuovo collezionismo con il digitale? Come ricorderemo questo periodo artisticamente?
Viviamo nell’era del digitale, tutto è diventato virtuale, addirittura la nostra vita viene condivisa sui social, e sicuramente anche l’Arte ormai fa parte di questo nuovo mondo passando dal materiale all’immateriale. Abbiamo tutti sentito parlare di NFT, un certificato di autenticità per file digitali. È una tecnologia che rende unica un’opera digitale in modo da renderla, appunto, unica, e nel momento in cui c’è unicità si crea il collezionismo. Nonostante sia un amante del vintage, dei mercatini e degli oggetti d’epoca, mi piace stare al passo con i tempi e, seppure credo che il virtuale non potrà mai sostituire l’emozione che può darti l’entrare in una galleria e perdersi nella propria fantasia, non si può restare inermi di fronte all’evoluzione. Quindi, digitale sia.

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