MUSICA:”10 anni senza il Re del Pop: cos’è cambiato?”

10 anni senza il Re del Pop: cos’è cambiato?

 

Michael Jackson, un personaggio irripetibile del quale si sente la mancanza e che si cerca di emulare al fine di occupare lo spazio che ha lasciato. Un artista che dobbiamo ricominciare ad ascoltare con più attenzione, anche per capire dove (musicalmente parlando) stiamo andando a finire.

 

Di Giacomo Ruben Martini

 

Michael morì a giugno 2009, poco dopo aver annunciato “This is It”, un final curtain call tour che l’avrebbe visto per l’ultima volta su un palco.

In questi dieci anni su di lui abbiamo visto tanta speculazione; un giro d’affari da miliardi di dollari: i suoi album postumi, i film e i documentari, le ospitate in tv di persone che hanno rinnegato quel che dicevano “prima” sul suo conto. Una presenza mediatica costante e il ritorno di una narrativa positiva di MJ sono servite sicuramente a vendere di più: più carta, più pubblicità. La stessa carta e pubblicità che era stata venduta anni prima per piazzare le storie di MJ pedofilo, MJ che non si piace con la pelle nera, MJ “de Latina” eccetera.

Una persona così controversa, che genera indirettamente un business siffatto, nasce ogni cinquant’anni.

Lo stesso dicasi musicalmente parlando: c’è una lista infinita di artisti famosi, una lista infinita di innovatori; ma sono pochi quei personaggi talmente iconici da essere associati ad un genere.

Jacko, dalla fine degli anni ’80, fu soprannominato il Re del Pop. Già, il Pop: un genere del quale, insieme a Madonna, ha portato le bandiere ed ha creato un modello. Questi due artisti, oltre a cantare, proponevano coreografie spettacolari e balletti iconici (fu MJ a rendere celebre il moonwalk) e sono ancora lo standard da raggiungere per tanti “successori”.

Anche l’approccio alla produzione fece scuola: quelli di “Thriller” (1982) erano i primi anni in cui veniva fatto un uso massiccio di synth e drum machines e le case discografiche si battevano per accaparrarsi i migliori arrangiatori e produttori. Erano anche gli albori di MTV e la star della radio diventava a tutti gli effetti un personaggio televisivo, non apparendo più sporadicamente ma trasmessa più volte al giorno. Il video era indispensabile e talvolta più importante della canzone stessa.

Eppure ci si è detti tante volte che questo modello è in declino: l’impressione generale della musica pop odierna è che sia diventata estremamente economica, persino nelle grandi produzioni. Un videoclip ufficiale, la produzione di un pezzo e la copertina possono essere realizzate con una “app”del cellulare,mentre i concerti con coreografie e scenografie costose sono sempre meno trainanti.

Si sono fatti passi da gigante nella produzione e nella sintesi ma tendenzialmente le canzoni pop odierne hanno strutture più semplici, con meno cambi di accordi nei brani: la struttura strofa/bridge/ritornello è scemata, le canzoni sono ora più lente e tristi, masterizzate con volumi più alti rispetto al passato (in media ogni 8 anni c’è un aumento generale di un decibel) e questo le rende meno dinamiche. C’è anche una grande ripetitività di vocabolario, le parole si ripetono, sempre quelle. Non lo dico io, ma una ricerca della BBC che nel 2018 ha raccolto e pubblicato questi dati.

Una volta era più semplice produrre una “hit” che sarebbe passata in radio per mesi, o addirittura anni; oggi è molto più difficile, anche perché il pop non va più di moda fra il pubblico giovane, sostituito da rap e trap.

Ma una popstar deve essere in grado di non ancorarsi troppo al passato, cercando di stare al passo con il presente ed adattarsi ai nuovi suoni e tendenze. Il bello del pop è che può nascondersi in ogni genere sopravvivendo a tutte le epoche, assumendo di volta in volta nuove forme. Solo così si può guardare ai grandi del passato, Jacko compreso, e trovare nuove strade.

 

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