RITRATTO DI DONNA: “Antonella Martinelli”

“Le donne cha hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”. Sono parole di Rita Levi Montalcini che oggi, nell’epoca dei selfie, dei ritocchi e dell’immagine al di sopra di tutto sembrano cadere nel vuoto. Fortunatamente non è per tutte così: in ogni numero vi presenteremo alcune donne che hanno idee, progetti, passioni. Più che apparire fanno; più fanno e più sono donne. È così anche per Antonella Martinelli

Antonella Martinelli: “Il lavoro? Io non lo cercavo…”.

Il lavoro nobilita l’uomo. Ergo in Italia, oggi, i nobili sono sempre meno mentre i “plebei” aumentano a dismisura. Nobilita l’uomo; perché solo “lui”? Perché i proverbi arrivano da quel passato remoto (di più: trapassato; tempi morti e sepolti) nel quale i maschietti uscivano al mattino presto per rincasare, stanchi e incavolati, all’ora di cena mentre le femminucce non varcavano neppure la soglia di casa.
Poco male, basta aggiungere o togliere una parola: “Il lavoro nobilita”. Punto.
Fine della divagazione, torniamo a lavorare. C’è chi fa il professore, chi il fornaio, chi il ministro…Poi c’è chi “fa” la televisione, Sì, la cara vecchia Tv, quella generalista. La Tv ai tempi del Web; la Tv di “mamma Rai” ai tempi delle “Pay”, dei satelliti, dei Social… Che fine farà? Che fine ha fatto? Non ha fatto nessuna fine e nell’anno Venti del Ventunesimo Secolo veleggia col vento in poppa. Ce lo dicono i numeri e ce lo dice Antonella Martinelli che, da oltre tre decenni, “vive” nel piccolo schermo. Lei ci dice tante cose pur rifiutandosi – fermamente – di rivelarci la sua età. Non importa, anche perché standole vicino è facile convincersi che l’età non si misura in anni, in mesi. Dipende da come ci muoviamo, da quanta passione mettiamo nel nostro lavoro, quanto entusiasmo e quanta empatia nei rapporti con chi lavoriamo, chi frequentiamo e anche chi non conosciamo affatto. Antonella ha trent’anni, venticinque, quindici, trentadue… Dipende dai momenti; dipende da quel che sta facendo.
Ci vuol raccontare i suoi primi passi nella televisione?
“Una signora che abitava nel mio stesso palazzo (dipendente Rai) mi disse: ‘Guarda che l’Azienda cerca gente, perché non ti presenti…?’. Mi presentai; Firmai un primo contratto a tempo determinato, poi un altro poi… Il bello è che fino a quel momento non avevo mai lavorato. Di più: fino a poco tempo prima un lavoro nemmeno lo cercavo…!”.
Succede anche questo, come no: Antonella viene da una famiglia altoborghese, si laurea a tempo di record (dottoressa in Lettere) e poi– talvolta succede– si sposa.
Dal matrimonio alla separazione (anche questo succede): Antonella, che non è una posapiano, decide di voltare pagina.
In RaiTre (programmista e autore) ha lavorato in varie trasmissioni tra le quali ricordiamo “Magazine” e, fianco a fianco con Catherine Spaak, “Harem”.
Siamo così arrivati alla fine degli Ottanta: 1988 o giù di lì.
La televisione e le donne; quelle che lavorano dietro le quinte: programmiste, autrici, registe… Antonella, una donna nella stanza dei bottoni trent’anni fa; com’era guardata? Quante eravate?
“Stiamo parlando della RaiTre di Angelo Guglielmi. Da quelle parti eravamo già in tante. Ambiente maschile e/o maschilista? Niente affatto; e non solo a RaiTre”.
Già, non solo RaiTre: Antonella passerà a RaiUno per lavorare con Bruno Vespa in “Porta a Porta”. “Volevo fare l’autrice per quel programma. Tra l’altro non avevo troppi concorrenti, visto che Porta a Porta, secondo le intenzioni dell’Azienda, doveva durare una stagione sola; due puntate a settimana e poi stop”.
Ora siamo nell’autunno 2020 e a breve il programma di Vespa festeggerà i suoi venticinque anni di “carriera”. Non sta a noi spiegare perché, ma qualche ipotesi possiamo azzardarla: Porta a Porta ha reinventato i talk show; Porta a Porta ha insegnato ai politici a muoversi con disinvoltura anche fuori dal Palazzo; Porta a Porta ha accorciato le distanze tra il Palazzo e quelli che stanno “fuori”.
Può piacere o non piacere, la trasmissione di Vespa. Ma è indubbio che ha fatto da apripista per una nuova formula di “talk”.
“Quando ci criticavano perché invitavamo Alba Parietti assieme a ministri, economisti e sottosegretari – ci dice Antonella – noi rispondevamo semplicemente così: la Parietti vota; come me, come voi. Noi cittadini, noi uomini e donne che viviamo, lavoriamo, studiamo… Siamo noi la politica, siamo noi la storia. Se non ci fossero i cittadini “qualunque” non ci sarebbe la politica”.
Poi la cronaca nera, quella abbondante di particolari, quella un po’ morbosa dei plastici (Cogne, Novi Ligure e tanti altri).
Cosa ne pensa Antonella? Morbosità, vouyerismo utile e necessario per l’audience?
“Non è così. Tra l’altro Augias, anni prima, utilizzava i plastici in Tv e nessuno protestò. Il giornalismo, l’informazione è anche questo: è entrare nella storia, conoscere il contesto; e saperlo raccontare”.
Ripetiamo: non sta a noi giudicare, criticare, biasimare o lodare una trasmissione. Noi siamo qui per parlare di Antonella; con Antonella. Parlando con lei una cosa l’abbiam capita: se Porta a Porta sta per valicare il muro del quarto di secolo il merito è anche suo. Perché “dietro” c’è lei, da venticinque anni, puntata dopo puntata, sigla compresa (la sigla, tratta dalla colonna sonora di Via col vento la scelse lei).
Consiglierebbe questo lavoro a chi ha vent’anni oggi?
“È un lavoro duro, senza orari, pieno di imprevisti. Lo stress è sempre dietro l’angolo, non puoi mai sapere quel che succederà pur se credi di aver previsto tutto… Si saltano i pasti e non di rado saltano i nervi. Ma lo rifarei, poco ma sicuro”.
Ultima domanda: che futuro vede per la Tv “generalista”?
“Il futuro c’è. C’è un domani, un dopodomani e ancora oltre. Forse perché l’Italia è un Paese “over”: over 50, over 60, over… I social, la Rete, le “pay” sono ancora roba da ragazzi”.
Proviamo anche noi a dare una spiegazione: la Tv generalista funziona e funzionerà finché dietro le quinte ci saranno donne (e uomini) come Antonella.
“Dopotutto domani è un altro giorno”; disse Rossella O’Hara in Via col vento.
Un altro giorno e poi altri dieci, cento, mille davanti al solito, vecchio, caro piccolo schermo.

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