EVENTS & FRIENDS: E se Alice non fosse mai tornata indietro?

E se Alice non fosse mai tornata indietro?

Viaggiare con la fantasia. Partire alla scoperta di mondi lontani, imprevedibili, con colori mai visti, voci mai sentite, animali che nessun libro di zoologia vi ha mai mostrato. Il viaggio può durare un minuto, un’ora, un secondo. I bambini ne fanno tanti, di viaggi così; senza valigie, senza perdere tempo ai “gate” degli aeroporti. E noi? Noi siamo cresciuti. Ma se solo volessimo provare: se solo, come Alice…

Di Roberto Fantauzzi

Alice la conosciamo tutti. Sì, quella che “cadde” nel Paese delle Meraviglie. Quella che pagina dopo pagina, o fotogramma dopo fotogramma nella versione Disney e non solo, si ritrova a tu per tu con gatti a strisce, carte da gioco coronate, conigli isterici…

Alice si perde, percorre mille gallerie lontane dal mondo reale: quel mondo rassicurante dove gli orologi segnano tutti la stessa ora, dove c’è una mamma che ti prepara la cena, dove gli animali non si azzardano a parlare o vestirsi di strisce. Quel mondo fastidiosamente “normale” Alice non lo trova più. Ma non si preoccupa più di tanto; non piange, non si dispera, non resta paralizzata dal terrore. Anzi: sgrana gli occhi, si sorprende, ogni tanto ride. Soprattutto dimentica: dimentica i “grandi”, gli adulti con le loro raccomandazioni, i loro rimproveri, le loro paure, i loro orari…

Il viaggio di Alice è quel viaggio che prima o poi tutti i bambini intraprendono. Ognuno a suo modo, certo: non tutti incontreranno Stregatto o Bianconiglio; non tutti rischieranno la decapitazione per mano della Regina di Cuori. Ma tutti, nessuno escluso, riempiranno la propria brava valigia di sogni, emozioni, immaginazione e poi via; poi si parte.

Se vedete un bambino sotto un tavolo, una bimba nascosta in un armadio non meravigliatevi: sono andati alla scoperta di quei mondi paralleli, quei pianeti, quelle favole fantastiche che noi abbiamo dimenticato. Sì, abbiamo dimenticato tutto, purtroppo. Vedo già qualcuno che, con aria seriosa, prova a dire: “Basta con i giochi: siamo adulti, dobbiamo rimboccarci le maniche e sobbarcarci le nostre sacrosante responsabilità!”.

Certo, siamo grandi e dobbiamo essere responsabili; eppure anche per essere (e soprattutto per diventare) grandi c’è bisogno, per lavorare, per amare, per studiare, per dormire, per tutto c’è bisogno della fantasia. Del sogno. Insomma se non siamo capaci di guardare oltre le consuetudini, se non ci piace l’imprevedibile… Beh, posso dirlo? Non siamo cresciuti. Siamo grandi ma troppo: quasi vecchi. Invece se ogni tanto, come Alice, provassimo a rincorrere un coniglio parlante facendo lo slalom tra funghi giganteschi e schivando alberi mai visti… Se provassimo tutto questo anche adesso, a 30, a 40, a 50 anni, allora sì che potremo dire a gran voce di essere diventati grandi. Adulti a pieno titolo, ma con gli occhi aperti. Che vuol dire occhi aperti? Vuol dire occhi che vedono più in là; vedono anche ciò che non si dovrebbe vedere, ciò che non dovrebbe esistere ma che, invece, possiamo creare, inventare, raccontare. Vedere, per esempio, una montagna che respira, un gruppo di alberi che si raccontano barzellette, un cane che gioca a carte con un gattino, un ippopotamo che si fa la ceretta… Ognuno vede quel che vuole vedere per poi, un minuto dopo, tornare alle faccende “da grandi”. Ma state certi che, dopo la ceretta dell’ippopotamo, ogni attività, ogni impresa, ogni progetto, ogni giornata in ufficio ci sembrerà più leggera, più viva, addirittura divertente.

 

Uomini e donne, sì, grandi e grossi, certo. Grandi, grossi e vivi. Siamo davvero vivi? Lo siamo, lo saremo e continueremo ad esserlo solo riuscendo a muoverci tra le favole.

Serve un aiutino? Presto fatto: a Roma è partito dal 6 luglio (ed andrà avanti fino al 5 novembre) This is Wonderland. Siamo all’Eur ma siamo ovunque: siamo, come Alice, all’inseguimento di buffi personaggi, dal coniglio dispettoso al gatto che si “smonta”. Poi il cappellaio matto, poi… Poi noi: la nostra fantasia, i nostri sogni, la nostra voglia di guardare dove, fino a un minuto fa, sembrava non ci fosse nulla da vedere.

In This is Wonderland i visitatori sono immersi in un percorso narrativo che traccia i confini dell’arte espositiva, divenendo essi stessi i protagonisti di un’ambientazione magica che porta in scena l’inestimabile fascino della luce per raccontare uno dei più bei classici della letteratura.

Sì, perché a parte Disney, a parte i bambini, l’opera di Carrol parla soprattutto a noi. Ancora e sempre noi, uomini e donne grandi e grossi che ci ostiniamo a camminare con lo sguardo spento, a non volgere mai gli occhi oltre i confini della consuetudine, della stramaledetta “normalità”.

Una rilettura del tutto nuova, quella di This is Wonderland, che si pone l’obiettivo di reinterpretare la storia di Alice dal nostro punto di vista, adattandola agli stilemi ed ai ritmi della nostra società con musiche e ambientazioni inedite.

La domanda è sempre quella, quella del titolo, quella con cui ho aperto queste pagine: e se Alice non fosse mai tornata indietro? Se quel sogno, quel viaggio fosse finito diversamente? Tanti sogni, tanti viaggi, tante storie da vivere, raccontare, rivivere e ricordare mille volte. This is Wonderland lascia ad ogni visitatore la possibilità di creare, inventare, vivere un viaggio tutto suo. Ogni spettatore è protagonista di sé stesso, della propria avventura nel Paese delle Meraviglie.

Ancora una volta, dunque, l’arte che affascina e che incanta; arte che si mette al servizio del pubblico dando vita a un atto creativo inedito, che mette in relazione l’uomo e l’opera circostante.

La nostra rivisitazione di questo capolavoro della fantasia e del “non-sense” affascina per la sua dimensione creativa e bizzarra, enfatizzata dal gusto per il paradosso e per la dimensione onirica degli ambienti.

Entrerete in una favola senza limiti spazio-temporali, in cui razionalità e immaginazione si intrecciano, si incontrano, si scontrano fino a litigare duramente. Tecnologia, arte scenica, performance, musica, si mettono al servizio della meraviglia e del sogno. Un raffinato gioco di densità e trasparenze, luci e ombre, accompagnerà lo spettatore dal suo arrivo fino alla fine del viaggio. La vera difficoltà, per ciascuno, si vivrà al momento di entrare: solo chi è capace di perdersi potrà varcare la soglia dell’immaginazione. Uscire? Tornare al quotidiano? Facile, facilissimo. E talvolta pure assai noioso.

Le installazioni luminose, scultoree e vibranti, realizzate con maestria artigianale, danno vita ad un’esperienza che lascia il pubblico a bocca aperta. Ci si perde tra le pareti magiche del labirinto di carte, si gioca a scacchi con la Regina di Cuori e si corre poi tra pedine incantate, i boschi, il mondo nebbioso del Brucaliffo, le altalene del Cappellaio Matto…

Volare, attraversare muri, guardarsi attraverso specchi disorientanti dove il reale si mescola con la trascendenza. Volare, perdere peso, quel peso che talvolta ci opprime quando la fantasia, l’immaginazione le chiudiamo nell’ultimo cassetto dell’ultimo mobile di casa.

C’è anche l’area del thè dove, tra dolcetti e delizie, si può festeggiare il celebre non-compleanno. Infine, la grande piazza, dove uno spettacolo inscenato da performer provenienti da vari luoghi del mondo racconterà la storia secondo il nostro punto di vista. Il punto di vista di noi della Lux Eventi: This is Wonderland è un ulteriore tassello nel panorama di esposizioni culturali che intendiamo mettere a disposizione del territorio; un nuovo format in cui arte e intrattenimento si fondono.

Un progetto che rappresenta un ponte tra due Paesi, Italia e Cina, che si incontrano per creare in armonia un contesto in cui esaltare le tradizioni e le peculiarità artistiche dei due Paesi medesimi. Cultura, turismo, occupazione (This is Wonderland ha generato seicento posti di lavoro per l’organizzazione dell’evento).

Chiedo perdono, mi sono messo a snocciolare numeri e discorsi da “grandi”, quelli degli uomini in mille faccende affaccendati, che parlano molto e sognano poco. E Alice?

Già, perché Alice è tornata? E se lo chiedessimo ai suoi “amici”? Già, se provassi ad intervistare il Capellaio Matto, la Regina di Cuori, Stregatto, Bianconiglio, Brucaliffo?

Domando al Cappellaio Matto: ha tempo per un’intervista?

“Tempo, tempo, che ne so. Qui gli orologi fanno un po’ come gli pare. Vedi questo? Si è fermato l’altroieri, poi è ripartito ma è schizzato due settimane più avanti… Lo smonto e lo rimonto, ma niente. Ho provato anche con il burro, la maionese, un po’ di zucchero ma non si decide a ripartire. Quest’orologio va due venerdì indietro e tre domeniche avanti. Non so se ho tempo per te; intanto, se vuoi, ti regalo qualche molla, qualche vite e la lancetta dei secondi”.

Signor Bianconiglio, posso farle due domande?

“Neanche per sogno, sono in ritardo, ho fretta, una fretta indiavolata. Rivolgiti al mio ufficio stampa e lasciami scappare”.

Stregatto, lei mi sa dire dove Alice…

“Dove, dove… Che vuoi sapere? Dove vuoi andare? Qualunque strada va bene, l’importante è che non devi sapere dove vuoi andare. Non devi prendere una strada, è la strada che deve prendere te. Aspetta che mi rimetto la testa sul collo e poi, se vuoi, facciamo un tratto insieme”.

Maestà, Regina, io vorrei…

“Lascia stare, lascia fare, vuoi che ti faccia tagliare la testa? O vuoi giocare a scacchi? Non m’importunare altrimenti…”

Brucaliffo, mi resta solo lei. Perché Alice non è rimasta qui, con tutti voi?

Brucaliffo non mi degna d’uno sguardo, canticchia, recita filastrocche insensate e se la ride facendo cerchietti di fumo.

Non m’ero accorto, durante queste improbabili interviste, di avere una spettatrice di gran riguardo: Alice. L’ho sentita ridere di gusto. Dopodiché, a bassa voce, mi ha detto: “Ci vediamo presto. Sono tornata indietro, sì, ma posso sempre voltarmi e ricominciare tutto daccapo…”.

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