Giorgia Melagrana: mille sfumature di blu, creatività e spiritualità

Giovanissima e bellissima. Da modella a promotrice di un Festival di cinema a sperimentatrice fino a diventare artista. Un percorso segnato dalla creatività che la contraddistingue da sempre e che le ha permesso di conoscersi meglio e di farsi conoscere nella sua forma più pura ed autentica. Una genuina ricerca di spiritualità ed equilibro che dallo yoga filtra attraverso le sue opere per arrivare al pubblico.

 

 

Come sei arrivata alla carriera d’artista?

Sono cresciuta con un’ossessione: bellezza, concetto che a volte sostituisco alla parola vita e arte. Ho frequentato l’Istituto d’Arte Scuola del Libro ad Urbino, un’incredibile città intrisa di cultura. Mi sono poi trasferita a Bologna per frequentare il DAMS: Dipartimento di Arte, Musica e Spettacolo. Sono sempre stata attratta dall’arte e sognavo una carriera ed un impiego in questo campo, credo tantissimo nell’immagine come medium per comunicare. A tutto questo si è aggiunto l’amore per il cinema che mi ha portata negli ultimi anni a ideare e ad organizzare, insieme ad un mio amico, il “Festival Internazionale del Cinema NatuRurale” in cui, con i docu-film che proiettiamo, vogliamo mettere in luce le tematiche ambientali, la sostenibilità e l’importanza di preservare la bellezza che ci circonda. A livello pittorico, le prime sperimentazioni su tela sono nate tra il 2011 e 2012; per ora mi servo dei colori acrilici, hanno una presa immediata e dipingendo in maniera istintiva riflettono bene la mia gestualità sulla tela.

Quali sono le tue principali fonti di ispirazioni?

Molteplici. Una delle principali è la meditazione, perché grazie ad essa e al percorso che ho intrapreso sono riuscita ad entrare in contatto con parti di me molto profonde. Anche il semplice rapporto con l’arte, un grande amore, ma fino a quel momento per me inespresso. Diciamo che quando sono connessa alla mia energia, nascono in maniera fluida i quadri di Giorgia: forme astratte, compenetrazione e sovrapposizione di colori che insieme sono espressione di uno stato d’animo e una forma di linguaggio unica e nuova.

La mia è una pittura gestuale dato che lavoro molto con le mani e pochissimi attrezzi. Mi piace toccare concretamente, sentire e generare così l’opera.

Altra fonte d’ispirazione è sempre stata la performance artist Marina Abramovic, il suo lavoro esplora le relazioni tra l’artista e il pubblico, e il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente. Quello della mente è un mondo che studio con passione, i limiti che ci poniamo, le possibilità che creiamo, come ci esprimiamo, per me si tratta di crescita personale, di continua ricerca e anche di abbattimento di barriere che sono anche quelle personali e sociali.

Da dove deriva il tuo profondo legame con il blu? Che significato c’è dietro la scelta di questo colore?

Il blu è il colore per antonomasia legato al concetto di spiritualità e quindi rappresenta perfettamente tutta quella mia creatività che scaturisce dopo la meditazione, rappresenta in parte il prodotto della mia interiorità, spiritualità e ricerca fatta attraverso la connessione profonda tra corpo e mente.

Il colore che mi rappresenta nasce da una scelta istintiva, è l’inconscio che mi ha parlato. Il blu è la natura, il colore dell’oceano e del cielo; per me esprime l’idea di infinito, come sono infinite le possibilità d’espressione in campo artistico. Direi che è proprio il mio colore! Non ci sono limiti nel blu.

La tua soddisfazione personale e professionale più grande?

Spero di riuscire ad essere compresa, di toccare l’anima sensibile di chi guarda un mio quadro. Per me è molto importante creare connessioni, riuscire a farlo tramite la pittura, frutto di un processo così interiore, mi regalerebbe grandi soddisfazioni. Trasmettere emozioni e bellezza è tra le mie intenzioni. Il gesto istintivo dietro ad un mio astratto sottolinea anche un altro concetto fondamentale che è quello di impermanenza: tutto è in movimento, tutto è energia, tutto inizia e tutto muore. Comprendere questo concetto cambia l’approccio a ciò che viviamo.

Perché hai scelto l’astrattismo? 

Per me è dare vita a qualcosa che non esisteva, è l’idea di non chiudersi dietro una figura. È infinità di segni, di forme e di nuovi linguaggi.

Qual è l’opera che hai realizzato a cui sei più legata?

All’inizio mi affezionavo molto a tutte. Avevo difficolta a vendere qualsiasi opera. Adesso no, le cose cambiano. Anche un altro concetto fondamentale legato ai miei quadri è proprio quello di impermanenza: tutto è in movimento, tutto è energia, tutto inizia e tutto muore. Quindi il non essere legata ad ogni mia creazione anche è molto importante perché mi aiuta in questo processo di distacco che, nel caso specifico, è con la mia opera d’arte ma diventa poi un concetto di vita molto più ampio.

Nuovi progetti futuri?

Mi sto riavvicinando alla resina e alla sperimentazione di altre tecniche oltre che alla creazione di oggetti. Poi mi sto concentrando sul lavoro anche dei tessuti e di una serie di dipinti che ho iniziato con la plastica. La sostenibilità legata a questa serie di quadri vuole mostrare il fondamentale concetto di rispetto per la natura.

Un consiglio ai giovani che vogliono intraprendere una carriera artistica inseguendo la propria passione?

Cercare di far emergere il meglio di sé, cercare la propria luce e il proprio scopo, a volte ci vuole una vita intera. Non attaccarsi alle cose, lasciare da parte l’ego e continuare determinati anche se gli altri ti scoraggiano.

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