RITRATTO DI DONNA: “Maria Rosaria Caracciolo”

“Questa contessa è uno spettacolo”

 

“Le donne cha hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”. Sono parole di Rita Levi Montalcini che oggi, nell’epoca dei selfie, dei ritocchi e dell’immagine al di sopra di tutto sembrano cadere nel vuoto. Fortunatamente non è per tutte così: in ogni numero vi presenteremo alcune donne che hanno idee, progetti, passioni. Più che apparire fanno; più fanno e più sono donne. Oggi è la volta di Maria Rosaria Caracciolo

 

 

Non ci perdonerà, Rosaria, per questo titolo. Lei lasciò Napoli e la famiglia molto presto proprio perché non le piaceva il “programma” che qualcuno aveva scritto per il suo futuro. La “regola” è sempre quella: una ragazza di “buona famiglia” deve seguire un certo percorso; Poche storie, da qui non si scappa.

La “buona famiglia” si evince già dal cognome “triplo”: Caracciolo di Torchiarolo. Ora Rosaria si arrabbia davvero: qui ci si dilunga sui blasoni quando lei, invece, vuole raccontare la storia di una ragazza della Napoli “bene” con un cognome ingombrante e pure un nonno sindaco, che non ci sta, non ci stava: Rosaria amava il cinema, lo spettacolo; cinema, da guardare e conoscere dal di dentro. Il cinema, insomma, lo voleva… vivere. Così, affrontando le ire dei parenti non volle sentire ragioni: “Vado a Roma, a Cinecittà, vado a vedere – e a fare – il cinema”.

Rosaria precisa subito che “Le interviste non mi piacciono, non fatemi troppe domande. Le interviste, per me, sono una gran rottura di…”. Sì, la parolaccia ci sta, ma non si scade nel volgare. Perché nulla ci può essere di volgare nello spettacolo, quello con la S maiuscola. E Rosaria, nello spettacolo, ci vive.

Oggi lei è al “timone” della “Caracciolo Management & Production” una tra le più rinomate e prestigiose agenzie di spettacolo per scoprire e formare nuovi talenti. Facciamo qualche nome? Moltissimi gli attori “nati” qui, da Cristiana Capotondi a Brando De Sica, da Alessandro Di Sanzo (il “Meri per sempre” di Marco Risi, 1989) a tutti i bambini di ieri e di oggi che ci hanno fatto ridere e piangere sul piccolo e sul grande schermo. E moltissime le produzioni Tv: Distretto di polizia, Don Matteo, Montalbano, I Cesaroni, Un medico in famiglia… L’elenco è lunghissimo, ci dobbiamo fermare.

Allora contessa, può raccontarci quali e quante difficoltà ha dovuto affrontare per arrivare fin qui?

“Basta con le contesse! Comunque è stata una strada tutta in salita, all’inizio. Intanto la famiglia, che non era contenta. Poi la gavetta, quella vera, le giornate intere a bussare su tutte le porte di Cinecittà; porte che spesso mi sbattevano sul naso… Ma non mi sono arresa. A Roma con quattro figli e mille idee. La mia cocciutaggine, alla fine, ha vinto”.

Lei conta molto sui giovani. Non è un rischio? Un’arma a doppio taglio?

“Bisogna stare con i piedi per terra; i ragazzi, i bambini ci stanno quasi sempre. Diciamo la verità: sono i genitori, le mamme che mettono ansia e ti tampinano. Molti bambini mi dicono “Perché sto qui? Preferisco il pallone…”. Siamo nel 2018 ma tante mamme mi ricordano la Anna Magnani di “Bellissima”. E, Anna a parte, questo non è bene”.

Con Rosaria è così: si passa da Lina Wertmüller a Luchino Visconti, dal 2000 al 1951. Con Rosaria il cinema si tocca pure con la luce accesa.

Lavoro e amore: Quanto pesa l’appoggio di chi ci sta a fianco?

“È di importanza vitale. Guglielmo (Guglielmo Mario Pricolo, l’attuale marito, diciotto anni più giovane di lei) faceva tutt’altro, era campione di scherma. Poi abbiamo iniziato a lavorare insieme ma, assolutamente, ognuno il suo spazio, le sue competenze. E andiamo a gonfie vele…! Le coppie oggi “scoppiano”? Perché dimenticano il rispetto: rispettare l’altro, ascoltarlo, sostenerlo”.

L’amore al primo posto. Rosaria sottoscrive. L’amore per “lui”, per i figli e – soprattutto – l’amore per questo lavoro che è una continua scoperta, una sorpresa che non finisce mai.

“I miei attori, i miei piccoli uomini e le mie piccole donne, che abbiano 8 anni o 10 o 17 sono lo spaccato della vita, della speranza, del futuro. Insegno loro a muoversi sulla scena e loro, nel frattempo, imparano a muoversi nel mondo… Che sia “Io speriamo che me la cavo”, “Meri per sempre” o lo spot della Nutella fa lo stesso. Loro possono avere 10 anni o 30; loro crescono”.

Crescono loro ed è cresciuta Rosaria con la sua agenzia e la sua “Academy”. Premi e riconoscimenti arrivano da tutto il mondo. Ma Rosaria non si monta la testa: “Questo non è il mio lavoro; questa è la mia passione. E deve essere così anche per i miei ragazzi: mai montarsi la testa. In effetti ci cascano in pochi, l’ho detto prima”.

L’intervista è finita, Rosaria sorride. Come a dire:

Share This

Copy Link to Clipboard

Copy