ARTE:”Pablo Atchugarry”

La relatività del tempo nelle sculture di Pablo Atchugarry

Il marmo viene plasmato come fosse cera, dando vita ad opere che respirano, crescono e arrivano spesso a sovrastare gli ambienti circostanti, imponendosi nello spazio in cui si trovano. Una sintesi formale di estrema eleganza, bellezza e purezza che vuole dialogare con il tempo, con l’uomo e con la natura. Infatti non dobbiamo mai dimenticare l’importanza del rapporto diretto con il mondo e con ciò che ci circonda: un messaggio che ora più che mai, per i tempi in cui viviamo, non potrebbe che risultare attuale. Le opere di Pablo si impongono con una tale forza che sembrano stare lì a ricordarcelo in eterno.

Pablo Atchugarry nasce in Uruguay, a Montevideo, nel 1954, ma ormai è naturalizzato italiano. Vive infatti dal 1982 a Lecco, dove ha deciso di trasferirsi dopo il suo “primo dialogo ed incontro” con il secolare marmo di Carrara. Una vera e propria conversione che non solo rafforzerà ancor di più la sua convinzione nel voler essere un artista ma anche il suo passaggio dalla bidimensionalità della pittura alla proiezione tridimensionale della scultura. Inizia così il suo intimo rapporto con un materiale che incarna in sé la storia di tutta la civiltà occidentale, la nostra storia, rappresentando chi siamo nell’evoluzione attraverso i secoli. I più grandi maestri del passato si sono confrontati con la durezza del marmo e così sceglie di fare anche Pablo, una durezza che non lo spaventa ma che anzi lo porta a parlare direttamente con le sue opere lavorandole, nonostante la loro monumentalità, interamente da solo, con le sue mani.

Figlio d’artista, in quanto suo padre era un pittore uruguayano. Di conseguenza è cresciuto in un ambiente in cui già si respirava e parlava di arte. Secondo lei questo l’ha portata a scegliere e seguire questa strada? In che modo è arrivato ad essere un artista?

Penso che sia stato fondamentale veder mio padre lavorare in casa, soprattutto dipingere. Avevo 8 anni quando ho iniziato a giocare con i suoi colori ed acquarelli. Tutto questo per me è stato fondamentale. Iniziavo così già ad avere confidenza con diversi materiali: non solo i colori ad olio, ma anche il cemento e la sabbia. Quindi la carriera dell’artista non l’ho mai veramente scelta, è una strada che da sempre mi si presentava come l’unica percorribile.

Qual è il messaggio che vuole trasmettere attraverso le sue opere? Cosa vuole lasciare all’osservatore quando le esperisce?

Con le mie opere il messaggio che voglio comunicare è la necessità, prima di tutto, di salvare e custodire il nostro sacro vincolo con la natura. Siamo parte di essa e spesso dimentichiamo la forte spiritualità dietro il legame con essa. Le mie sculture verticali sono come piante che cercano la luce o antenne che parlano per la nostra società che soffre e continua a soffrire per tante e diverse situazioni: non ultima quella del Covid che ci porta a perdere la libertà facendo affiorare le nostre paure. E in mezzo a tutto questo non posso che pensare che dobbiamo salvare la nostra identità, il nostro amore per gli altri e amore per la natura. Inoltre il marmo che uso nelle sculture ci riconduce un po’ alle origini creative dell’uomo. Quindi il fatto che un artista come me oggi continui ad avere le stesse problematiche nel rapportarsi con questo materiale secolare, che poteva avere l’artista di un tempo, fa capire come il tempo sia relativo, come l’arte accorci le distanze temporali e come ci avvicini a quei primi uomini, alle nostre origini e quindi a noi stessi.

Nella sua lunga carriera, che l’ha portata in giro per il mondo e a collaborazioni con i più importanti musei e gallerie, qual è stato il momento o l’evento che l’ha fatta sentire finalmente realizzato, quell’istante in cui si è detto “Ce l’ho fatta?”

Neanche adesso penso di avercela fatta. Secondo me la vita è come una grande e lunga scala e per fare l’artista dobbiamo conservare il bambino che c’è in noi. È un concetto che mi preme molto chiarire: è grazie all’eterno bambino in noi, che ha voglia di fare, esplorare, sperimentare che si mantiene vivo l’entusiasmo e la curiosità, facendo tutto come se fosse la prima volta. Solo così si può andare avanti per una strada che non finisce mai. Purtroppo la strada è fatta anche di cose non gradite che quindi sicuramente si incontreranno ma che sono una parte fondamentale dell’arricchimento e formazione personale. Ogni gradino ha portato piano piano ad una maggiore consapevolezza e sicurezza e soprattutto certezza nel sapere che la strada scelta era quella giusta. Inoltre io credo che in questo mondo ci siano due grandi direzioni: i muri o i ponti. Io credo nei ponti perché essendo un collegamento ci permettono sempre di scoprire quello che c’è dall’altra parte e ci permettono così di arrivare a nuove strade e a scoprire nuove cose.

Con la mia fondazione artistica in Uruguay ho voluto creare questo. Un ponte dal Mediterraneo all’Atlantico per mettere in dialogo artisti diversi e culture diverse. Ormai dopo tanti anni che vivo in Italia mi considero un trait d’union tra l’Italia e l’Uruguay.

Quanti nella sua vita e carriera d’artista l’hanno incoraggiata e quanti l’hanno scoraggiata? Ci vuole fortuna oltre che bravura?  E che consigli si sente di dare ai giovani e ad un giovane artista emergente secondo la sua esperienza? Quali sono le difficoltà maggiori di un artista al giorno d’oggi, nel riuscire a realizzarsi ed affermarsi?

Ricordo benissimo di aver ricevuto più porte chiuse in faccia che porte aperte ed è stato un percorso lentissimo, dove piano piano mi hanno iniziato ad aprire le prime finché non si sono poi spalancate. Quindi dico ai più giovani di continuare a credere in se stessi e di non avere fretta perché siamo tutti bisognosi di stimoli, di successi e di conferme. Il tempo però è galantuomo quindi bisogna saper aspettare e avere pazienza. Nel mentre lo si può solo che usare per lavorare, lavorare, lavorare, senza mai demordere e lottando sempre fino alla fine. Perché ogni cammino è fatto di sacrifici, soprattutto per la carriera dell’artista, difficile nell’essere accettati e compresi. Spesso abbiamo bisogno come il pane e l’aria di traguardi immediati ma il mio consiglio è di continuare a camminare perché se non arriva subito arriverà poi.

Infine, un’opera d’arte è sicuramente destinata a durare nel tempo. Crede che l’arte abbia un ruolo nell’evoluzione umana?  

Si, senz’altro! Il mondo senza arte non sarebbe il mondo che conosciamo perché l’arte è nella natura stessa. La possiamo vedere nella formazione rocciosa, nel lago, nel bel fiume e nel mare. L’arte è nella natura e l’essere umano è contornato dalla bellezza della natura e l’uomo quindi ha bisogno dell’arte. L’arte poi ha anche il potere di metterci in contatto diretto con il tempo unendoci direttamente al passato, al presente e, creando nel momento, al futuro.

L’arte quindi può donare, sia all’artista che al momento storico in cui viene creata, l’immortalità. Guardando un’opera di Michelangelo ricordiamo quel periodo storico. Tutto è come un unicum.

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