COPERTINA LUI: “Scott Ulaneo”

“Scott Ulaneo, la stella italiana che brilla Oltreoceano”

 

Chiunque tenga in mano un pallone da basket sogna di entrare nell’NBA, ma sono pochissimi gli italiani ad esservi riusciti. Per Scott Ulaneo i limiti sono fatti solo per essere ridisegnati e, dentro e fuori dal campo, vince la “mentalità mamba”. Astro nascente nella Stella Azzurra di Roma, l’ala italo-londinese di 2.05 metri oggi fa parte dei Panthers nella lega NCAA, considerata l’anticamera dell’NBA, ed è pronto a lasciare il segno.

Di Beatrice Gentili

Dalla Stella Azzurra di Roma all’NCAA in America… Nel mondo del basket sei sotto i riflettori. Come nasce la tua storia in questo sport?

Più tardi rispetto a molti altri, per un caso totalmente fortuito. L’estate dei miei dieci anni io e la mia famiglia andammo in vacanza in Grecia e, insieme ad un bambino che conobbi lì, mi ritrovai a tenere per la prima volta tra le mani una palla da basket. Passammo tutte le sere a giocare e i movimenti sembravano guidarmi in modo naturale, senza riuscire a capire neppure se fossi destro o ambidestro. Tornato a Roma decisi di iscrivermi in una squadra e dopo poco fui reclutato dalla Stella Azzurra, un club romano conosciuto in tutta Europa. Il basket si è trasformato nel mio stile di vita: mi allenavo tutti i giorni per più di quattro ore.

Come per ogni sportivo, un’adolescenza fatta di sacrifici…

Ho dovuto fare i conti con tante rinunce, ma nella testa avevo solo un obiettivo: andare a giocare in America, nell’NBA, dove erano diventati grandi i miei idoli. Ogni giorno finivo scuola e correvo in palestra; questa è stata la mia routine durante tutto il liceo. Dal viaggio con gli amici saltato, perché l’estate avevo i raduni nazionali, alle banali serate in discoteca, ho imparato molto presto a tracciare i miei limiti. Ho dovuto seguire uno stile di vita che non compromettesse le mie performance e ho iniziato a pensare da professionista quando ero ancora un bambino. Per tutto questo devo dire grazie anche alla mia famiglia, che ha dovuto abbracciare il mio stile di vita e condividere con me una visione del futuro che poteva sembrare azzardata. Sono un tassello fondamentale della mia crescita umana e sportiva.

Un sogno che si è trasformato in realtà, quando hai ricevuto la chiamata dalla Seattle University!

Dalla musica allo stile di abbigliamento, l’America scorreva già nel mio sangue prima ancora che vi mettessi piede. A diciassette anni partecipai al torneo “Città di Roma”, appartenente al circuito dell’EuroLega per gli Under18 e fui notato da uno dei tanti talent scout dell’NBA. Sapevo di essere “in vetrina” e mi impegnai al massimo per giocare al meglio delle mie possibilità. Dopo quella partita mi arrivarono tante offerte per delle borse di studio e la mia scelta cadde sulla Seattle University, la cui squadra stava facendo di tutto per prendermi. A diciotto anni appena compiuti, presi un aereo e lasciai casa. Da quattro anni sono qui: ho iniziato a Seattle con i Redhawk, poi mi sono trasferito a Honolulu, con gli Sharks dell’Hawaii Pacific University,e ora mi trovo tra Detroit e Chicago, con i Panthers della Davenport University.

Cosa significa per un ragazzo italiano giocare in America?

Abbiamo la fortuna di essere considerati delle personalità ricercate e da rispettare nel mondo dello sport, ma nella storia del basket sono pochi gli italiani che sono riusciti ad accedere all’NBA (attualmente solo tre). Ho l’onore di essere l’unico europeo all’interno della mia quadra e ogni giorno è una sfida con me stesso. Le mie qualità fisiche e la mia predisposizione naturale, dall’altezza alla mobilità, mi rendono quasi disegnato per essere un giocatore di basket ma nello sport non basta solo questo, soprattutto quando ti trovi in un Paese dove con la tua fisicità ce ne sono a migliaia. Lavoro sodo.

Alla tua età hai già vinto tante scommesse; ti ha mai sopraffatto la paura di non farcela?

Tutto quello che ho sempre saputo è di voler lasciare il segno. Non ho mai pensato al presente, perché vivo proiettato nel futuro. Sono cresciuto con l’idea di lottare sempre con le unghie e con i denti per ciò che si vuole, senza tentennamenti: la “mentalità mamba”.

Un nome: KobeBryant.

È forse la ragione per cui ho iniziato a sognare un futuro nel basket. Il mio idolo, una fonte di ispirazione, di speranza e un esempio. È un giocatore che è cresciuto anche tra i campi italiani ed è – e sarà sempre – un simbolo di questo sport per la sua passione e dedizione. Ancora faccio fatica a credere a quello che è successo.

Oltre a fare incetta di successi, sui tuoi profili social le tue foto raccolgono migliaia di like. Che rapporto hai con la tua immagine?

Il basket mi ha permesso sia direttamente che indirettamente di lavorare come modello. L’allenamento mi permette di modellare continuamente il mio corpo e, pur non essendo l’obiettivo principale, mi garantisce di avere un aspetto adeguato al mondo della moda. Ho lavorato con alcuni brand di t-shirt americane e, con il tempo, ho pensato che fosse un’occasione da non sprecare: oggi non escludo di avvicinarmi al settore dell’abbigliamento sportivo.

Se non avessi intrapreso questa carriera sportiva, chi sarebbe stato Scott Ulaneo?

Difficile da dire. Questo sport per me rappresenta una metafora della vita: mi ha plasmato e insegnato tanto, dal senso di fratellanza al rispetto per l’avversario. Secondo me sarei potuto diventare un’artista o comunque qualcuno che non lavora dietro una scrivania. Sono sempre stato creativo e ora che ho più tempo libero, con l’interruzione delle competizioni sportive in America a causa della pandemia, mi sto dedicando alla musica.

Il prossimo anno scadrà il tuo contratto. Quale sarà il tuo futuro?

Sto continuando a guardarmi intorno. Miro a concludere la stagione con delle buone statistiche e, giocando nel NCAA, questo è il momento per cercare di orbitare il più vicino possibile all’NBA. Se non dovesse andare tutto per il verso giusto, mi piacerebbe tornare in Europa e un domani riuscire a giocare in Serie A. Si tratterebbe di una carriera che mi lascerebbe anche del tempo libero e in quel caso mi piacerebbe tentare di avvicinarmi al mondo della moda nel settore dell’abbigliamento sportivo.

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