PROTAGONISTI: Simone Dattoli

Simone Dattoli: “Se politica e impresa si parlano, il Paese cresce”

 

Mettere in comunicazione la Roma dei “palazzi”, che ha i suoi tempi e i suoi riti, con l’Italia imprenditoriale, quella che va di corsa e che non ha tempo per sedersi troppo a lungo nei salotti televisivi… Si può fare? Simone Dattoli lo fa da oltre dieci anni con “Inrete”, società di relazioni istituzionali e comunicazione. Vediamo come, dove, quando e soprattutto perché.

Hai voluto la bicicletta? Allora non protestare e pedala. Pedalando pedalando potrai godere di tante discese ma, prima o poi, dovrai valicare una cima, arrancare lungo sentieri impervi e defatiganti, spendere sudore senza poterti fermare.

Ma se la bicicletta la volevi davvero tutto questo lo sapevi già, l’avevi messo in conto.

Di chi – e di che –  si parla? Coppi? Bartali? Bugno? Pantani? No, niente maglie rosa, niente Tour de France o Giri d’Italia. Anche se un po’ di bicicletta c’è: c’è quella metaforica (se vuoi crescere, se vuoi bruciare le tappe in ambito professionale devi pedalare) e anche quella tangibile, in carne ed ossa (pardon: in canna e pedali). Sì, la bici di Simone Dattoli, classe 1977, nato e cresciuto a Milano. Il dottor Dattoli, fino agli sgoccioli del XX secolo (1999/2000), correva in bicicletta; insomma praticava il ciclismo agonistico e, fino allo spegnimento della ventesima candelina, credeva che quella strada – con le salite, le discese, la fatica e il sudore – non l’avrebbe lasciata più.

“Ventidue, non venti…! – precisa Dattoli –. Sono stato in sella, in gara, fino a ventidue anni. Pedalavo discretamente, questo sì, ma non al punto di scegliere quella “carriera”; insomma mi resi conto che ventidue anni erano già troppi per imboccare quella strada – quelle piste – con l’intento di arrivare lontano…”.

Mollata la bici, Dattoli si laurea in Giurisprudenza alla Cattolica.

“Mai pensato di fare l’avvocato però: mi interessava il mondo delle istituzioni, della politica. Ne studiavo i meccanismi da vicino anche perché conoscevo svariati rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali. Insomma godevo di un osservatorio privilegiato. Osservando osservando mi convinsi che istituzioni e imprenditoria avevano bisogno di una cinghia di trasmissione, di uno strumento agile per potersi capire al volo e provare a lavorare in sinergia. Perché l’impresa ha bisogno del “Palazzo” ma il Palazzo non sempre è in grado di comprendere il linguaggio dell’Italia che produce, lavora, inventa, scommette”.

Siamo d’accordo, inutile negarlo: la politica discute, si confronta e – talvolta – si trova a “spaccare il capello in quattro”. È questo il suo “mestiere”; un mestiere che ha i suoi tempi. Tempi che possono non coincidere con i ritmi dell’impresa.

Però (l’abbiamo già detto ma è doveroso ripeterlo) politica e imprenditoria devono collaborare senza sosta, tappa dopo tappa. Pedalare fianco a fianco in discesa e in salita. Solo così si può ambire al podio. Solo così il Belpaese cresce.

Strategie di comunicazione integrata al servizio delle grandi e medie aziende italiane, per interagire con le multinazionali e con la politica. Consulenza ad altissimo livello garantita da uno staff di trenta professionisti altamente qualificati tra Milano e Roma e una rete di rapporti nei quattro angoli del Pianeta per anticipare tendenze e individuare nuove opportunità.

Tutto questo e molto altro lo fa Inrete, l’Azienda fondata da Dattoli nel 2010. Inrete anche nel 2020 (ed è il quarto anno consecutivo) si è confermata come una delle realtà innovative a più alto tasso di crescita in Europa. Lo ha attestato il Financial Times nella sua consueta classifica (FT100 – Europe,s Fastest Growing Companies) delle mille aziende che hanno registrato la più alta crescita percentuale dei ricavi tra il 2015 e il 2018.

Dottor Dattoli, come si fa? Come si emerge, come si diventa “primi della classe”?

“Non so se sono io il primo della classe. Quello che so è che son riuscito a metabolizzare e a miscelare sapientemente l’approccio milanese al lavoro, all’impresa, con la filosofia di Roma. Due pianeti tanto diversi quanto potenzialmente in grado di orbitare insieme con reciproca soddisfazione. Quando parlo di “filosofia” non mi riferisco, si badi bene, agli stracotti luoghi comuni della Milano laboriosa in contrapposizione alla Roma “ministeriale”. Dico semplicemente che la politica e l’impresa spesso non sanno dialogare; hanno bisogno di interpreti, di intermediari; di uomini e donne super partes capaci di ricucire, di mediare…”.

Lasciamo da parte Roma e Milano e l’annoso confronto (talvolta scontro) tra politica e imprenditoria: Inrete segue mille altri contesti e, non a caso, è divenuta punto di riferimento per numerose aziende multinazionali. Comunicazione, innovazione, cambiamento. Sfida.

Insomma dottor Dattoli: per crescere, bici o non bici, bisogna comunque pedalare; conferma?

“Confermo. E non si lavora solo di gambe (vale anche per i ciclisti): bisogna osservare, abituarsi a scorgere anche i segnali meno vistosi e a cogliere le voci, comprese quelle appena sussurrate, flebili che giungono da ogni dove. Trovarsi nel posto giusto al momento giusto non è sempre sufficiente: devi anche sapere chi incontrare, chi interpellare, quale idea registrare…”.

Niente da eccepire; anche noi giornalisti mangiamo pane e comunicazione; anche tra noi ci sono quelli bravi e quelli del “copia/incolla”. Quelli che sfornano scoop e quelli che campano di “fake”.

La comunicazione cambia, deve tenersi al passo coi tempi; conferma anche questo?

“Certo che confermo. Anni fa una conferenza, un evento, un incontro d’alto livello si “costruiva” in una cornice fatta di cene preparate da chef stellati, conferenze da tenersi tra gli stucchi dei grandi palazzi e poi strette di mano e ancora pranzi e colazioni di gala… Oggi invece c’è bisogno di più agilità, di discussioni e decisioni da prendere in tempo reale. Siamo tutti connessi; siamo tutti digitalizzati. Possiamo e dobbiamo sfruttare queste nuove opportunità”.

Morale della favola: chi ci sa fare, chi sa mettersi in gioco può restare in Italia, non deve “scappare” per inventarsi un futuro…

“Certo che si può restare: io sono un convinto “italianista”: da noi si possono fare mille cose, alla faccia della burocrazia, dei numeri ufficiali sulla “crescita” ma alla faccia – anche – di tanti luoghi comuni…”.

Messaggio ricevuto; messaggio che recapitiamo con piacere a chi ha vent’anni oggi: se sei bravo fatti vedere, fatti valere; il Belpaese se ne accorgerà e saprà convincerti a non abbandonarlo.

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