PROTAGONISTI: “Gianni Vivona”

Gianni Vivona: “Diritto e impegno sociale per essere protagonisti attivi nel migliorare il nostro Paese”

 

Avvocato tributarista di fama, Gianni Vivona ha fatto parte del management Ferrero e, attualmente, è manager nella ex holding Wind/h3g. Soprattutto è un “rotariano” di ferro: è stato presidente del Rotary Roma Sud, uno dei club più prestigiosi della Capitale. In queste pagine prova a raccontarsi; Lo fa come un fiume in piena: i sogni, la carriera, i passi “falsi”, il volontariato, i progetti sociali…

 

Questa storia comincia a Castelvetrano, piccolo centro in provincia di Trapani, Sicilia Occidentale. Qui nasce (anzi nacque, come si suol dire introducendo una biografia) Gianni Vivona. Giorno? Anno? Non ha importanza, non troppa almeno, perché il dottor Vivona sembra ci sia sempre stato: mai troppo giovane e mai troppo in là con gli anni; ragazzo quanto basta e uomo a tutto tondo, esperto professionista e capitano d’industria quando serve.

Oggi Vivona è un tributarista, un fiscalista di fama. Formazione umanistica (leggasi: liceo classico, non si scappa) – come si conviene a chi viene al mondo in Trinacria – e laurea in Giurisprudenza a Palermo. Poi lascerà la terra di Sciascia, di Pirandello (o anche di Camilleri, perché no?)  alla volta di Milano, di Roma, di Amsterdam, Lussemburgo…

Lasciamo stare la geografia, torniamo alla storia. La storia del dottor Vivona Gianni scritta, interpretata e narrata da lui stesso.

Da buon giornalista devo sforzarmi di cominciare… dall’inizio. Partiamo quindi dall’infanzia, l’adolescenza, i sogni, le passioni. E le paure.

“Le paure… Ci sono, c’erano pure quelle, come no. Cosa sognavo di fare ‘da grande’? Beh, dopo il doveroso liceo classico – dico doveroso per chi nasceva dalle mie parti e un poco è ancora così – non ho mai avuto dubbi sulla prosecuzione dei miei studi: Giurisprudenza. Oltre lo studio l’impegno civile, il volontariato, lo sguardo sul mondo “vero”, quello fatto anche di sofferenza, di fatica… A tredici anni il mio primo “Handicamp”, campo estivo per disabili…”.

Arriveremo anche agli Handicamp ma, la prego, andiamo con ordine: soffermiamoci sulla laurea o nei dintorni di questa.

“Prima della laurea riflettei tra me e me sul percorso da seguire: Penale? Civile? Amministrativo? Non ero convinto, tentennavo. Finché un giorno mi capitò tra le mani una rivista nella quale lessi un interessante articolo a proposito di un master in Diritto Tributario; interpellai qualche professore e mi accorsi che si trattava di una branca ancora poco “esplorata” (al tempo addirittura innovativa, quasi vergine). Senza pensarci due volte lasciai l’Isola rinunciando alle mie comodità, le mie certezze (la famiglia, le proprietà, lo studio legale avviato di mia sorella…) e volai a Milano; qui fui selezionato per il master ancor prima della laurea. Nel frattempo ero già diventato rappresentante del Rotary in Sicilia, governatore di tutti i Rotaract dell’Isola nella quale rientravo nei week-end atterrando una volta a Catania e una volta a Palermo, a seconda del “club” nel quale dovevo recarmi. Fui il primo ad allestire un “campo” regionale per accompagnare tutti i club della Regione alla conoscenza della disabilità. Disabilità che è diventata il cardine del mio intervento sociale, tanto da realizzare anche a Roma, lo scorso aprile, il primo campo con gli amici disabili che qui abbiamo che qui abbiamo voluto chiamare HappyCamp.

Tornando all’ambito professionale: il mio percorso, la mia preparazione mi fecero approdare allo studio del professor Victor Uckmar (scomparso nel 2016, NdR), uno dei più noti fiscalisti e tributaristi del Belpaese e non solo.

Impegno, sacrificio, nottate sui libri… Poi la fortuna. C’è anche quella?

“Certo che c’è. Ma siccome, come si sa, è cieca, bisogna prenderla per mano, metterla sulla strada giusta. Come dire: se l’incontri devi saper evitare che si volti e ti abbandoni. Quindi, sempre e comunque, professionalità, preparazione, dedizione, concentrazione”.

Lo studio del professor Uckmar a 25 anni, un traguardo non di poco conto. “Ma – puntualizza Vivona – non è mai il momento di fermarsi, di addormentarsi sugli allori: mi si apriva un mondo, ma un mondo da esplorare e percorrere step by step. Grande attenzione, lavorare su sé stessi, mettersi sempre in discussione, attraversare tormenti, prendere e lasciare mille strade…”.

Questo è Gianni Vivona: un uomo vitale e “affamato” di vita.

Siciliano, romano, olandese, lussemburghese, Gianni si è allontanato dalla sua terra senza mai lasciarla: vendette l’azienda agricola del padre per poi, in seguito, rilevarla e farla di nuovo sua. La gestisce da ormai sette anni e ci riesce, egregiamente, anche quando si trova a centinaia di chilometri dai campi.

Lavoro o, meglio, superlavoro. Come si concilia con la famiglia, gli affetti?

“Dipende da te: se sei un onesto ‘pater familias’, se hai una moglie che – pur lavorando a sua volta –ti sostiene, ti incoraggia… Beh, tutto fila liscio. È questione di organizzazione, una cosa che mi hanno insegnato egregiamente in Olanda”.

Torniamo al sociale, al percorso in Rotary.

“D’accordo. È però opportuno spiegare brevemente cos’è il Rotary, come nasce e… perché. Il Rotary Club è un club di servizio fondato a Chicago nel 1905 da Paul P. Harris. I fondatori lo vollero vedere come un gruppo di amici appartenenti a diverse professioni vogliosi di impegnarsi a favore del prossimo. Poi c’è il Rotary International, organizzazione che tiene insieme i club (più di trentamila) in tutte le nazioni del mondo per un totale di circa un milione di soci. Le attività dei club – e quindi dei soci, i “rotariani” – spaziano dallo sviluppo della pace e la comprensione tra i popoli agli aiuti per le zone disastrate, dal sostegno alle attività umanitarie alle sovvenzioni per il miglioramento della salute pubblica e per il volontariato… L’elenco è ancora lungo, per ora mi fermo e torno, per un momento, alla Chicago di un secolo fa: quel gruppo di amici, tutti professionisti di alto livello, vollero creare una realtà capace di contribuire al benessere della società individuando tematiche importanti, nei luoghi e nelle situazioni in cui c’era – e c’è – bisogno di coalizione e, perché no, di qualcuno capace di tirare le fila, un leader, poi due, poi dieci, mille… Attenzione però: il leader non è il capo; è qualcosa di più. Il leader, innanzi tutto, è disposto ad ascoltare, ad imparare, a cambiare idea attraverso il confronto. Questi i principi ispiratori del Rotary; principi che, in centoquindici anni, non sono cambiati. Principi che ho fatto miei e che mi hanno fatto diventare un rotariano convinto; convinto ma non esaltato: sto sempre con i piedi per terra ed ogni esperienza amo viverla e svilupparla in modo corretto. Ognuno di noi dovrebbe essere sempre capace di guardare avanti; la lungimiranza è fondamentale, mai fermarsi al già visto, al già detto, al ‘si è sempre fatto così’…. Dove c’è un preconcetto da smontare io non mi tiro certo indietro”.

 

In Italia il Rotary collabora ad ambiziosi progetti in sinergia con la Comunità di S. Egidio, con don Guanella, con Rondine Cittadella della Pace e altre importanti realtà. A proposito di pace: lo scorso febbraio Vivona è stato nominato “Uomo della Pace” da Abdelaziz Esssid, Premio Nobel (per la Pace, ovvio) 2005 in diretta radiofonica Rai. Potremmo seguitare ancora per svariate pagine nel raccontare gli sforzi, la passione, le idee, le soluzioni che il dottor Vivona ha speso negli anni per rendere migliore questa sfera capricciosa immersa nell’universo nella quale, volenti o nolenti, viviamo, lavoriamo, amiamo, ridiamo e soffriamo.

Siamo però in chiusura e preferiamo che sia lui stesso a vergare la conclusione dell’articolo. Argomento: il Belpaese.

“Dobbiamo metterci insieme, tutti insieme a lavorare per questa nostra Italia. Oggi siamo messi un po’ male e non è sempre opportuno dar la colpa alla politica: se fai lo spettatore, se non agisci cosa ti puoi aspettare?

Diamoci da fare; per costruire. E ricostruire”.

 

 

 

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