L’EDITORIALE DI ARMANDO DE ANGELIS: “Soldi: benedetti o maledetti?”

“Soldi: benedetti o maledetti?”

 

di Armando de Angelis

 

Se i soldi non danno la felicità, figuriamoci quanta ne può dare la povertà… Già, un bel dilemma: la felicità non si “compra” ma se non hai soldi non sei felicissimo Come la mettiamo?

Il mio metodo, in questi casi, consiste nel mettere in ordine le idee; partiamo dalle domande: avete mai visto un ricco infelice? Avete mai visto un povero infelice? Avete mai visto un ricco felice? Avete mai visto un povero felice? La risposta, uguale per tutte le domande, è “Sì”! Siamo al punto di partenza, il metodo scientifico non ha funzionato. Ma una certezza c’è: cerchiamo di fare soldi anche con il fine di ottenere un po’ di felicità e, se saremo ricchi ma infelici, avremo sprecato tempo ed energie, poiché le ricchezze accumulate non potremo portarcele nell’aldilà. È comunque inopinabile che i soldi consentono di vivere bene, garantendoci la possibilità di mangiare, di curarci meglio, di poter aiutare gli altri… Sì, il gruzzolo aiuta. Ma la felicità non è direttamente proporzionale al conto corrente. I soldi li vedo come una cornice: immaginate un bel quadro appeso al muro senza cornice; la cornice, indubbiamente, lo valorizzerebbe, lo renderebbe più interessante, meno inosservato; tuttavia una cornice appesa sena niente “dentro” risulterebbe ridicola, insensata. Amicizia, sentimenti, amore, soddisfazioni lavorative: sono questi gli unici elementi del “quadro” in grado di creare nell’uomo emozioni. Poi, se passiamo le vacanze su uno yacht piuttosto che a Coccia di Morto concedendoci solo qualche giro in pedalò, è chiaro a tutti che ci farebbe più piacere; ma questa è la cornice, solo la cornice.

Ho conosciuto chi ha messo in vendita la sua barca perché nessuno saliva a bordo con lui; il 40 metri, in finale, non gli serviva a niente. Ancora: case da mille e una notte abitate da individui soli e depressi… Perché? Perché molti tra coloro che vantano un reddito (o una rendita) da nababbo, non hanno ancora trovato il loro… quadro; hanno la cornice, punto e basta. La soluzione? Improntare la vita sui sentimenti abituandosi a percepire il denaro per quello che è: un mezzo e non un fine. Saper rinunciare ad un oggetto (una macchina, una villa, una vacanza principesca) perché quell’oggetto, quel giocattolo potrebbe diventare, un giorno, la causa scatenante di un abbandono: “lei/lui” ci lascia, l’amico cessa di essere tale… Ostentare, vantarsi, mostrare serve solo ad attirarsi una “corte dei miracoli”; e questa, credetemi, nulla ha a che fare con l’amicizia. Poi, se domani apparirà qualcuno ancora più “Paperone” di voi… Beh la “corte”, armi e bagagli, vi pianterà in asso. Vi abbandonerà come si fa con una sedia senza una zampa: niente saluti, niente spiegazioni. Vi ritroverete soli, poiché anche le persone davvero importanti, non avendole più coltivate, si saranno anch’esse allontanate.

Morale della favola: benestanti o “malestanti”, morti di fame (si fa per dire) o esageratamente danarosi, il “metodo” da seguire è sempre lo stesso: restare noi stessi, non “tirarsela”. Così le persone care lo saranno davvero, e non solo per compiacervi. Se poi le potrete portare a fare un giro sul vostro maxiyacht, distogliendoli dal solito, stanco weeken

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