Copertina LUI: “Alessandro Carollo”

“Osteopatia e paracadutismo: il dottor Carollo si racconta”

 

Paola Barale, Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis… Anche loro, udite udite, possono incappare nella “cervicale” e soffrire di dolori muscolo-scheletrici; succede. Quando succede si rivolgono, insieme a tanti altri, ad Alessandro Carollo, osteopata di professione e paracadutista per passione che fa la spola tra Roma e Milano. C’è chi parla di lui come “l’uomo dalle mani d’oro”. Le articolazioni ringraziano e noi, tra un lancio e l’altro, lo abbiamo placcato per un’intervista.

Di Beatrice Gentili

 

Laureato in Scienze Motorie e Fisioterapia con specializzazione in Osteopatia, sei considerato da anni l’osteopata dei Vip. Come hai conquistato la fiducia e la stima di cotanti pazienti?

Il punto di forza di ogni professionista si trova, credo, nei risultati che consegue. Dai risultati nasce la stima, la credibilità. Tengo comunque a precisare che tra i miei pazienti non vi sono solo personaggi noti, uomini e donne “da copertina”; anche se dopo la mia esperienza sanremese del 2011 e la mia assidua frequentazione del “mondo” televisivo, ho molto ampliato la mia clientela in quel settore. In quell’anno, grazie a Lucio Presta che organizzava il Festival e al coreografo Franco Miseria che si occupava della parte artistica, mi è capitato di “seguire” Belen Rodriguez ed Elisabetta Canalis.

Eserciti a Roma e anche a Milano presso la Clinica Villa Arbe del dottor Giacomo Urtis, chirurgo estetico di svariati “personaggi”. Com’è nata questa collaborazione?

Siamo sempre nel 2011; cercavo una base d’appoggio a Milano e Belen mi presentò Giacomo, il quale mi propose di collaborare presso il suo studio. Una collaborazione che nel tempo si è ben consolidata e, quando è nata Villa Arbe, nella “squadra” sono entrato anch’io.

Quali le nevralgie, le problematiche più frequenti che colpiscono gli uomini e le donne dello spettacolo?

Non credo si possa parlare di malattie “professionali”: cervicalgie, lombalgie, problemi alla colonna… Insomma cose che capitano all’attrice come all’impiegato, al cantante o al notaio…

La tua formazione

Ho iniziato iscrivendomi alla Facoltà di Scienze Motorie e già il primo anno, sostenuto l’esame di Anatomia, è nato l’amore per l’aspetto più “medico” della disciplina. Così, al termine di quel percorso, ho scelto Osteopatia conseguendo, nel frattempo, la laurea triennale in Fisioterapia. Questo, in effetti, date le leggi sanitarie vigenti, è il percorso obbligato per poter lavorare in Italia. In ogni caso la mia passione è sempre stata tutta direzionata verso l’Osteopatia, molto meno verso la Fisioterapia. Non amo l’utilizzo di macchinari ed elettromedicali; preferisco usare le mani per guarire le persone. Qualcuno mi vedrà come un romantico, un dottore all’antica, ma tant’è: questo è ciò che mi hanno insegnato i miei maestri, ed è ciò in cui credo. Credo nei principi osteopatici con cui si approccia il corpo umano.

L’Osteopatia, lo scorso 22 dicembre, è stata riconosciuta dallo Stato e introdotta a pieno titolo nell’elenco delle professioni sanitarie. Che effetto ha avuto questa notizia per te e per chi, come te, lavora in quest’ambito?

È stata una lunga battaglia che abbiamo combattuto tutti credendoci fino in fondo. Ora finalmente verranno meno le innumerevoli dispute, i distinguo, i pregiudizi: c’è sempre stata un po’ di diffidenza verso la nostra professione, considerata talvolta quasi una stregoneria, nonostante abbiamo studiato anatomia, fisiologia, biomeccanica e fisiologia articolare; le stesse materie, anzi pure più di quelle che si devono seguire in altri corsi di ambito sanitario. Questo riconoscimento, tuttavia, fa sorgere una nuova preoccupazione: accedere a questa professione sarà un po’ più facile e la formazione delle nuove leve risulterà forse meno approfondita e meno selettiva.

Com’è considerata l’Osteopatia fuori dai nostri confini?

C’è una differenza sostanziale: all’estero, almeno dove la professione è riconosciuta, l’osteopata è considerato al pari di un dottore. Una volta laureati si consegue il titolo di D.O. (Doctor of Osteopathic Medicine) attribuendo alla professione un valore ben diverso che da noi. L’auspicio è che prossimamente venga istituito un percorso di studi specifico anche in Italia; percorso a cui poter accedere subito dopo il liceo, senza doversi prima iscrivere a Medicina o a Fisioterapia come è stato per me e per tanti come me.

Curare gli altri è certamente qualcosa che fa parte di te, della tua vita al di là della professione. Ma dai tuoi profili social emerge anche la tua seconda grande passione: il paracadutismo…

Assolutamente vero. È un amore nato nel 1992 guardando, a soli dieci anni, il film Point Break. Da allora ho dovuto aspettare un bel po’ prima di effettuare il primo lancio, in “tandem”. Poi, nel 2013, è arrivato il brevetto. Ritengo che la cura del corpo dal punto di vista sportivo abbia un peso importante.

Un consiglio ai nostri lettori?

Abbandonare quella mentalità tipica italiana per cui solo quando si sta male e si avvertono dei fastidi ci si rivolge a chi può risolverli, infischiandosene della prevenzione. Tutti, sportivi o sedentari, necessitano di sedute e cicli di trattamento a intervalli variabili che, in base ai singoli casi, possono variare da una cadenza settimanale ad una trimestrale. Non è un impegno gravoso, se si pensa che gli sportivi professionisti si sottopongono a sedute quotidiane o, addirittura, “biquotidiane” presso un’equipe composta di un fisioterapista, un osteopata e un preparatore atletico. La prevenzione, ribadisco, è la chiave giusta per chiudere la porta in faccia al dolore.

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